Il nuovo rapporto Eurispes e UCPI sul processo penale in Italia

 


La riforma del processo penale, al fine di conseguire una maggiore efficienza del sistema giudiziario, rappresenta uno degli elementi più importanti sui quali il nostro Paese è stato chiamato dall’Unione Europea ad avviare una rigorosa riforma, e ciò non solo allo scopo di fruire dei fondi del PNRR

Il primo traguardo che occorre conseguire è legato alla riduzione della durata dei processi, partendo dall’innovazione dei modelli organizzativi e puntando sull’implementazione delle tecnologie e della digitalizzazione.

Eurispes e Camere Penali hanno deciso, pertanto, di fare il punto della situazione con una nuova Indagine sul Processo Penale in Italia, a distanza di oltre dodici anni dalla prima, proponendosi l’obiettivo di analizzare, attraverso i criteri rigorosi della scienza statistica, che cosa succedesse davvero nelle Aule di giustizia del nostro Paese.

Lo scorso dicembre, pertanto, questo lavoro di monitoraggio dei procedimenti attraverso l’analisi di un campione statistico nazionale e di comparazione dei risultati con quelli già ottenuti nel 2008 è stato presentato nel corso di una interessante conferenza stampa a Roma.

Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara ha avuto modo di dichiarare alla stampa: “La ragionevole durata del processo come diritto dell’imputato, ma anche delle vittime, rappresenta un principio costituzionale, purtroppo costantemente violato nel nostro Paese. La lunghezza abnorme dei processi rappresenta un ostacolo per la competitività del Paese, ma anche per il suo livello di civiltà complessiva. Quello della giustizia è un problema di funzionalità generale di un essenziale servizio che va reso ai cittadini. Un sistema di giustizia rispettoso dei princìpi costituzionali deve tenere insieme l’indipendenza della magistratura e del singolo magistrato, l’efficacia della risposta giudiziaria rispetto ai diritti che reclamano tutela, l’efficienza del servizio intesa come rapporto corretto fra risorse e risultati, questioni, purtroppo, ancora irrisolte. Accanto ai nodi storici e non risolti se ne sono sviluppati altri nuovi e più complessi, che mettono in discussione l’equilibrio dell’organizzazione stessa dello Stato e la giustizia è diventata terreno di confronto e di scontro tra i diversi schieramenti politici e tra i poteri dello Stato.”.

Il Presidente dell’Unione delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza ha, inoltre, precisato: “A distanza di dodici anni dalla prima ricerca UCPI-Eurispes, trovano conferma il metodo ed il merito già affermati allora. Non è serio affrontare i temi del processo per slogan o per pregiudizi ideologici. Bisogna che parlino i dati statistici. Questa ricerca fotografa, come nessun’altra, le vere cause della durata irragionevole dei processi penali in Italia; che non risiedono nelle regole di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, ma in gravissime carenze strutturali della macchina amministrativa. Intervenire sui diritti dei cittadini imputati per ridurre i tempi processuali è dunque illusorio, oltre che pretestuoso. Questa ricerca smaschera chi da sempre vuole cogliere il pretesto dei tempi lunghi del processo penale per riscriverne le regole fuori dal quadro costituzionale definito dall’art. 111 della Costituzione.”.




Entrando nel merito, occorre evidenziare che l’indagine ha osservato 32 Tribunali distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale ed ha monitorato 13.755 processi.

Riporto nel prosieguo alcuni dati tra i più significativi.

Prendendo in esame le ragioni di rinvio ad altra udienza, più frequenti sono il fatto che si trattava di un’udienza di sola ammissione prove (16,4%), la prosecuzione dell’istruttoria (allorché l’attività istruttoria fissata per quella udienza si è regolarmente svolta e completata) (16,1%), la discussione (10,7%), l’assenza dei testi citati dal PM (8,3%), l’omessa o irregolare notifica all’imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l’assenza del Giudice titolare (3,3%).

Le condanne incidono per il 40,4% delle sentenze; percentuale nettamente più bassa di quella rilevata nel 2008 (60,6%). Al contrario, risulta molto più elevata la quota relativa all’estinzione del reato: 24,5%, a fronte del 14,9% del 2008.

Aggravata la situazione anche per ciò che concerne i tempi di rinvio ad altra udienza che risultano ulteriormente aumentati rispetto al 2008: da 139 nel 2008 a 154 giorni per i procedimenti in Aula monocratica e da 117 a 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale.

Di converso, sempre più breve è la durata delle udienze: solo 14 minuti in Aula monocratica (18 nel 2008), 39 minuti davanti al Tribunale collegiale (52 nel 2008).

Dai dati affiora, insomma, che accanto a ovvie cause fisiologiche, sull’elevatissimo numero dei rinvii pesano anche motivi patologici, quali l’omessa/irregolare notifica all’imputato e l’assenza del Giudice titolare, assenza che, peraltro, determina il rinvio in blocco di tutti i procedimenti già fissati per quell’udienza.

In conclusione: l’indagine conferma, sul piano nazionale, l’inconcludenza della larga parte dei procedimenti penali in quanto le condanne, come visto, incidono per il 40% circa dei processi; il 65/70% delle prescrizioni totali, inoltre, matura già prima del dibattimento e più precisamente proprio nel corso della fase delle indagini preliminari, fase nella quale gli avvocati hanno poco o nessuno spazio di manovra.

Sotto diverso angolo visuale, allora, si può aggiungere che le vere ragioni delle lungaggini del processo penale non sono costituite né dalle regole del giusto processo (che alcuni vorrebbero irragionevolmente comprimere) e neppure dagli avvocati che hanno il compito di assicurarne il rispetto.

Si può concordare, allora, con il Presidente Caiazza allorché afferma: “Quando in un dibattito politico fortemente connotato da pregiudiziali ideologiche fa irruzione la realtà raccontata da rigorose evidenze statistiche, occorre che i protagonisti di quel dibattito (e soprattutto delle scelte legislative che si andranno ad adottare) facciano i conti con essa.”.


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