Magi, De Benedetto e la cannabis


 

Il dibattito sulla legalizzazione della cannabis è ancora aperto in Italia ma merita di essere affrontato e risolto per tutta una serie di ragioni che vanno dalla gestione del sovraffollamento delle carceri alla tutela della salute dei cittadini fino a giungere alla libertà dell’individuo.

Sulla sua pagina Facebook, Riccardo Magi, deputato di Più Europa ed ex Segretario nazionale dei Radicali Italiani, lo scorso 25 marzo, ha scritto: “Il dibattito sulla legalizzazione della cannabis nel mondo è attivo, anzi fervente, e i passi avanti fatti da un grande paese come Messico sono solo gli ultimi in ordine di tempo.

La proposta di legge a mia prima firma per decriminalizzare la coltivazione domestica della cannabis per uso personale, e per depenalizzare i fatti di lieve entità vorrebbe innanzitutto inaugurare un dibattito serio sul tema anche in Italia.

Un dibattito che ci porti a superare il testo unico sugli stupefacenti nella direzione di un orizzonte antiproibizionista e legalitario.

Nel nostro paese in 7 casi su 10 si finisce in carcere per fatti di lieve entità: un dato che ci deve portare a riflettere.

Per uscirne è necessario rafforzare il fatto di lieve entità rendendolo fattispecie autonoma, diminuire la pena distinguendo per la tipologia di sostanze in modo da evitare l’arresto in flagranza e, soprattutto, consentire agli italiani di coltivare in libertà questa pianta, quando si tratta di uso personale, così come hanno indicato le sentenze delle sezioni unite della Cassazione.”.

Un primo passaggio da affrontare, allora, è quello di decriminalizzare la coltivazione domestica della cannabis sulla scorta della citata giurisprudenza secondo cui “non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica destinate all’uso personale”.

In occasione della discussione alla Camera della modifica dell’articolo 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio, lo stesso Magi ha precisato: “Non è la legalizzazione tout court che ci piacerebbe, ma sarebbe un primo passo importante. Già questa è una mediazione, che tra l’altro risponde alle linee programmatiche della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che ha parlato della necessità di non riempire le carceri per fatti di lieve entità”.

Giova, peraltro, ricordare che questo tema è strettamente connesso anche con la questione della cannabis terapeutica, già da tempo legale in Italia, ma per la quale sussistono notevoli problemi di approvvigionamento come drammaticamente dimostra la dolorosa storia di Walter De Benedetto, paziente affetto da una malattia neurodegenerativa invalidante che assume cannabis medica per contrastare questa patologia e che, per alleviare i dolori, ha deciso di coltivare la pianta nel giardino di casa, finendo a processo per un reato per cui oggi, a normativa in vigore, si rischiano fino a 6 anni di carcere. Infatti, De Benedetto, pur disponendo di una regolare prescrizione medica per l'uso della cannabis terapeutica ha avuto enormi difficoltà a trovarla a causa dell'insufficienza della quantità prodotta in Italia e di quella importata dall'estero.

Peraltro, la storia di Walter De Benedetto si incrocia inevitabilmente con quella di Riccardo Magi.



Infatti, il deputato di Più Europa, nel novembre dello scorso anno, decise di portare a Walter un po' della sua cannabis, un barattolo pieno di erba, coltivata e autoprodotta in casa nell'ambito della campagna "Io coltivo" promossa da "Meglio Legale" dall'aprile del 2020. E ha deciso di farlo pubblicamente come atto di disobbedienza civile e, quindi, autodenunciandosi davanti al commissariato Trevi di Roma, consapevole delle responsabilità penali cui sarebbe andato incontro.

Sempre nel novembre del 2020, l'Associazione Luca Coscioni pubblicò la lettera di Mara, una paziente oncologica affetta da dolori cronici e lancinanti cefalee: “Quando sei mesi fa l’anestesista mi ha prescritto la cannabis terapeutica ho pensato che fosse un traguardo. Invece era una partenza. L’odissea di chi ha diritto alla cannabis inizia con la ricetta. Quella bianca (farmaco a pagamento) non può essere ripetibile, quella rossa (farmaco rimborsabile) non può essere dematerializzata. Perciò il paziente, magari paraplegico, o troppo debole per spostarsi, o sfinito dalle sofferenze, deve arrivare allo studio medico per richiederla, poi ritirarla e infine cercare una farmacia ospedaliera che sia in grado di preparare il medicinale. Tutto questo pure con la pandemia e gli evidenti rischi che ne conseguono.”.

Per questo, all’epoca Magi dichiarò alla stampa: “di fronte all’ennesimo appello di Walter, di fronte a quello che si può definire un accanimento anti-terapeutico da parte dello Stato nei confronti di malati gravi e di fronte all’inerzia delle istituzioni che non riescono a garantire il diritto alle cure né a modificare norme ottusamente repressive, ho deciso di cedere a Walter De Benedetto la cannabis frutto della mia coltivazione domestica”.

Aggiungo anche le utili riflessioni di Marco Perduca, già Senatore che per l’Associazione Coscioni coordina la campagna Legalizziamo! ed è presidente di Science For Democracy: “Viste anche l’impatto economico del settore, occorre aprire la produzione della cannabis terapeutica ai privati e semplificarne l’importazione; investire in ricerca e sperimentazioni cliniche e includere la cannabis nei Livelli Essenziali di Assistenza; fare formazioni e informazione a tutti gli operatori coinvolti; definire il catalogo di cosa può essere prodotto industrialmente tenendo conto dell’instabilità delle percentuali dei principi attivi per consolidare un comparto che ha caratteristiche di sostenibilità ambientale.”.

E ribadisco: nell’ottica di una revisione radicale della normativa sulle droghe, bisogna aver chiaro che sanzionare chi coltiva a casa o usa la cannabis saltuariamente non può essere una delle priorità di politica criminale dell’Italia.


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