La
fotografia più recente di uno Stato e di una burocrazia che calpesta il diritto
ed i diritti ce la sta fornendo in questi giorni la vicenda di Fabio Ridolfi che, pur avendo il
diritto di ricorrere al suicidio assistito, di fronte ad una macchina
amministrativa che lo ha ignorato ha dovuto ripiegare sulla sedazione profonda e continua.
Lo
ha annunciato, tramite il puntatore oculare, in un video in cui chiarisce: “Da due mesi la mia sofferenza è stata
riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a
morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e
continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene”.
Avevamo
parlato su queste pagine digitali di Fabio e del suo calvario lo scorso 20
maggio e sembrava che si fosse arrivati ad un punto di svolta in quanto il
parere del Comitato etico sulla sussistenza delle condizioni già accertate
nella relazione collegiale dell’equipe interdisciplinare era magicamente apparso
dopo un accorato appello del quarantaseienne che ha trascorso gli ultimi
diciotto anni sdraiato
a letto a causa di una tetraparesi.
Mancava
soltanto l’indicazione del farmaco da utilizzare.
Eppure,
il Servizio Sanitario Regionale delle Marche che, già aveva comunicato con 40
giorni di ritardo il parere del Comitato Etico con il via libera per l’aiuto
medico alla morte volontaria, non ha mai fornito il parere sul farmaco e sulle
relative modalità di somministrazione.
A
nulla è servita la formale diffida che Fabio aveva inoltrato il 27 maggio all’Azienda
sanitaria unica regionale Marche affinché eseguisse in tempi brevi le verifiche
sul farmaco.
“Fabio aveva un diritto, quello di poter
scegliere l’aiuto medico alla morte volontaria, legalmente esercitabile sulla
base della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale (Cappato\DJ Fabo). Un
diritto che gli è stato negato a causa dei continui ritardi e dell’ostruzionismo
di uno Stato che, pur affermando che ha tutti i requisiti previsti dal
giudicato costituzionale e riconoscendo che le sue sofferenze sono
insopportabili, gli impedisce di dire basta. Fabio merita rispetto e non di
essere ignorato da uno Stato che crudelmente lo costringe a una sofferenza
continua e non garantisce la sua scelta legalmente attuabile”, hanno
dichiarato l’avvocato Filomena Gallo,
Segretario nazionale dell’Associazione
Luca Coscioni e coordinatrice del collegio difensivo di Fabio Ridolfi –
composto anche dagli avvocati Francesca Re, Massimo Clara, Rocco Berardo, Francesco Di Paola, Angioletto
Calandrini e Giordano Gagliardini – e Marco
Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
“Ogni giorno che passa per Fabio è un giorno
di sofferenza in più, per questo ha deciso di non voler più aspettare e di
procedere con la sedazione profonda e con la sospensione dei trattamenti di
sostegno vitale. È da oltre due mesi che aspetta e l’ASUR continua a ignorare
la sua richiesta, dopo aver tenuto per 40 giorni in un cassetto un parere che
affermava la presenza dei requisiti per accedere legalmente al suicidio
assistito. Non possiamo non notare anche il silenzio assoluto della politica
nazionale, impegnata nell’insabbiamento al Senato del testo di legge sull’aiuto
al suicidio, dopo che la Corte costituzionale ha impedito al popolo di
esprimersi sul referendum”.
Fabio
aveva già redatto un testamento
biologico e quindi avrebbe potuto già dal mese di gennaio procedere con la
sospensione dei trattamenti sanitari.
Però
il percorso che voleva intraprendere era diverso: un suicidio medicalmente
assistito, l’unica strada che avrebbe evitato a lui e ai suoi affetti lo
strazio prolungato della sedazione
profonda.
Di
queste ore è anche la notizia che anche Antonio
La Forgia, ex deputato ed ex presidente della Regione Emilia-Romagna, da un
anno e mezzo malato di cancro, ha intrapreso un percorso di sedazione profonda.
“Un viaggio di sola andata, con serenità”,
lo definisce la moglie Mariachiara Risoldi, che sui suoi profili social ragiona
con tristezza e delusione sulla legislazione nazionale in tema di fine vita, una
normativa limitativa e condizionante per la libertà di ogni essere umano.
“Per la legge il suo corpo è costretto ad essere ancora qui, mentre la sua mente è già arrivata in un luogo leggero. Siamo un Paese veramente ipocrita”, queste le amare parole su cui tutti noi siamo costretti a riflettere seriamente.
In
cosa consiste la sedazione profonda e in cosa è diversa dall’eutanasia?
Secondo
il sito The Wom Healthy, che aderisce allo standard
HONcode per l’affidabilità dell’informazione medica, la sedazione profonda
nelle cure palliative ha lo scopo di
ridurre e possibilmente annullare la percezione del dolore di una persona in
fin di vita; viene utilizzata per addormentare la persona, senza abolire la
respirazione spontanea.
Non
deve essere confusa con l’eutanasia, in quanto la sedazione profonda non
provoca la morte del paziente e non accelera in alcun modo il naturale percorso
della malattia, ma semplicemente lo accompagna alleviandone le sofferenze
fisiche ma anche e soprattutto quelle psichiche nelle fasi terminali della
vita.
La
sedazione profonda palliativa viene effettuata, previo consenso informato, tramite l’uso di farmaci iniettati senza
soluzione di continuità in vena, in modo da ottenere una riduzione o abolizione
dello stato di coscienza del paziente.
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