Il ponte Morandi e i costi del populismo


Dopo aver ampiamente trattato i nefasti effetti del populismo nell’ambito del processo penale, si deve prendere nuovamente atto che anche negli altri settori del diritto l’approssimazione e il desiderio di compiacere la “pancia” del popolo con provvedimenti legislativi dettati dai fatti di cronaca, anche gravi o gravissimi, alla lunga sfocia in danni se non irreparabili quanto meno difficili da ripristinare.



Sull’onda emotiva del crollo del ponte Morandi, quando, in quel funesto 14 agosto 2018, persero la vita decine di persone e i danni materiali e morali per la città di Genova furono incalcolabili, il populismo si aggirava tronfio per il capoluogo ligure e ammoniva che non si potevano aspettare i tempi della giustizia in quanto i colpevoli erano stati già trovati senza bisogno di fare ulteriori indagini.

Non solo! Poiché i colpevoli erano già belli e pronti senza bisogno di istruire alcun processo, era opportuno procedere immediatamente alla loro punizione escludendo per legge gli stessi (ndr. Autostrade per l’Italia, concessionaria della tratta su cui sorgeva il viadotto Morandi) dallo svolgimento delle attività di ricostruzione del ponte.

E giù applausi da un intero popolo che, per l’occasione, sui social e nei bar di paese, era diventato  -tutto d’un colpo-  sia ingegnere che giurista.

Ma il populismo ha le gambe corte e tutti i nodi vengono al pettine, tanto per usare espressioni proverbiali tanto care al succitato popolo.

La settimana scorsa, infatti, a seguito del deposito del ricorso di Aspi contro il cd. decreto Genova, convertito nella legge n°130/2018, il TAR Liguria ha pensato bene di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale a mezzo di cinque articolate ordinanze di rimessione.

Il succo, secondo il Tar, è che il decreto Genova presenta «rilevanti e non manifestatamente infondate» questioni «di legittimità costituzionale sollevate dalle parti ricorrenti» in quanto il provvedimento normativo sarebbe impostato su «una meramente potenziale, perché non accertata, nemmeno in via latamente indiziaria, responsabilità di Aspi nella causazione» del crollo del Morandi.
«Pur non potendosi ritenere che la legge-provvedimento sia di per sé incompatibile con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione – si legge ancora nelle pronunce del TAR Liguria - essa deve osservare limiti generali, tra cui il principio di ragionevolezza e non arbitrarietà».

Insomma, compromettere o addirittura sottrarre il diritto alla difesa e al giusto processo all’Aspi, scavalcare a piè pari la procedura di revoca della concessione per inadempimento, privare Autostrade delle giuste garanzie e della possibilità di difendersi nelle sedi opportune, approvare una legge “contra personam”, ossia una norma priva del carattere di astrattezza e generalità, al solo scopo di assecondare l’ordalia che piace al popolo, potrebbe porre, oggi, la società nella condizione di aver diritto a un risarcimento “mostruoso” a carico di tutti noi cittadini.

E questi sono i costi del populismo!

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