Il Rotary e la competenza


L'esperienza che ho vissuto da Presidente del Rotary Club di Lauria mi ha dato modo di incontrare tante persone; il rapporto con i giovani del proprio territorio è uno dei momenti più importanti e vitali.
Sono partito da una favola:
"C’era una volta un giovane principe che credeva in tutte le cose tranne che in tre: non credeva nelle principesse, non credeva nelle isole e non credeva in Dio.
Il re suo padre gli aveva detto che queste cose non esistevano e, siccome nel regno paterno non vi era traccia né di principesse, né di isole e né tantomeno di Dio, il principe credeva a quanto detto dal genitore.
Ma un bel giorno, il principe lasciò il palazzo reale e giunse nel paese vicino: qui, con sua gran meraviglia, da ogni punto della costa vide delle isole e su queste attraenti e regali fanciulle.
Si mise subito alla ricerca di un’imbarcazione, quando lungo la spiaggia gli si avvicinò un uomo elegantemente vestito in abito da sera.
Il giovane principe gli domandò, allora, se quelle fossero isole con sopra autentiche principesse e, alla risposta affermativa, gli chiese se ci fosse nelle vicinanze anche Dio.
Rimase sbalordito quando il distinto signore gli rivelò, con un inchino, che Dio era proprio lui.
Il giovane principe, allora, tornò a casa e si recò dal padre per comunicargli, con un certo tono di rimprovero, che aveva visto le isole, le principesse ed addirittura Dio.
Il re rimase impassibile e gli chiese le caratteristiche del signore che aveva incontrato sulla spiaggia.
Quando seppe che, tra l’altro, portava le maniche rimboccate, sorrise e disse al figlio che quella era la caratteristica dei maghi e che quindi era stato ingannato.
A questo punto il principe ritornò nel paese vicino e si recò nella stessa spiaggia della prima volta, incontrando di nuovo l’uomo in abito da sera.
L’apostrofò con rabbia per le bugie che gli aveva detto, riportandogli le parole del re suo padre.
L’uomo della spiaggia sorrise e gli confermò che era un mago, confidandogli, però, che anche suo padre era un mago e lo teneva sotto un incantesimo che gli impediva di vedere la verità delle cose.
Il principe ritornò allora a casa pieno di dubbi e quando incontrò il padre gli chiese, fissandolo negli occhi, se fosse realmente un mago.
Il re sorrise e si rimboccò le maniche.
Di fronte ad una tale situazione di inganni e di incomprensione e, nell’impossibilità di comprendere il senso delle cose, il principe fu preso da una profonda tristezza e decise di uccidersi.
Il re, per magia, fece apparire la morte che invitò il giovane ad andare con lei.
Il principe a quel punto ebbe un brivido e, ricordandosi delle isole belle e forse irreali e delle attraenti e forse inesistenti principesse, cambiò idea e disse alla morte di sparire.
Allora il re suo padre, di fronte a questa scelta, gli comunicò, sorridendo, che stava anche lui diventando un mago; ed il giovane, a quel punto, si rimboccò le maniche".

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L’impegno, il rimboccarsi le maniche è la prima strada verso il successo e la leadership.
Se il nostro futuro dipende da una leadership forte, capace di stimolare i cambiamenti, dobbiamo chiarire quali sono le qualità di un buon leader.
Nel XIX secolo, poco prima della nascita del Rotary, il concetto di leadership era definito dalla cosiddetta “teoria del grande uomo”. La leadership era vista come una qualità innata. Soltanto chi la possedeva poteva determinare il corso della storia.
Sentiamo spesso parlare di grandi leader alla luce di questo paradigma.
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Ma questa definizione di leadership è ancora valida nel XXI secolo?
Vorrei rispondere a questa domanda con un aneddoto.
Verso la fine del diciannovesimo secolo un giovane venne espulso dal college poco dopo aver iniziato gli studi. La sua passione per gli scherzi lo cacciò ancora nei guai e fu espulso di nuovo, questa volta dall’Università del Vermont. Si iscrisse allora alla prestigiosa Università di Princeton, ma anche qui non completò gli studi.
Riuscì infine a laurearsi presso un altro ateneo rinomato, ma lui stesso ammise che la parte migliore della sua esperienza accademica era stata l’amicizia con gli altri studenti.
Questa breve biografia non sembra la premessa di una vita straordinaria, ma quel giovane altri non era che Paul Harris, il fondatore del Rotary.
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Se Paul Harris si fosse concentrato esclusivamente sugli studi e avesse trascurato l’importanza dell’amicizia, forse non avrebbe mai pensato di invitare tre amici a quella prima riunione da cui sarebbe poi nato il Rotary.
In seguito, lo stesso Paul Harris spiegò le motivazioni di quella riunione tenutasi nel febbraio 1905 con queste parole:
“Dovevano esserci tanti altri giovani che si erano trasferiti a Chicago per farsi strada. Perché non provare a riunirli? Se anche loro, come me, avevano bisogno di fare amicizie, si sarebbe potuto fare qualcosa insieme”.
E infatti qualcosa si fece!
Alla morte di Harris, nel 1947, da un gruppo di quattro persone il Rotary si era trasformato in una associazione internazionale composta da 6.000 club e da oltre 300.000 soci in oltre 70 Paesi.
Paul Harris non aveva qualità straordinarie.
Non era il primo a sentirsi solo dopo essersi trasferito in una metropoli.
Non era nemmeno il miglior attivista di Chicago.
Ma ha saputo articolare una visione che ha ispirato altre persone. Partendo da una sua necessità personale, ha saputo fondare uno straordinario social network ben prima dei tempi di Facebook o Linkedin. E ha saputo cogliere l’occasione per trasformare un club di amici in un’organizzazione con uno scopo ben più ampio.
In breve, leadership, nel Rotary e nella vita, significa intraprendere azioni decisive per il futuro.
La storia del Rotary ci dimostra che la leadership non è necessariamente una qualità innata, una qualità riservata a poche persone carismatiche o privilegiate. Non è una questione di rango o di potere. Infatti, la “teoria del grande uomo” poco si addice al tipo di leadership di cui abbiamo bisogno oggi.
Leadership oggi significa fare scelte che abbiano il massimo impatto possibile sul futuro: scelte che raramente vengono fatte da una persona sola.
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Il Rotary International è oggi una rete globale di oltre un milione di uomini e donne intraprendenti, amici, conoscenti, professionisti e imprenditori che credono in un mondo dove tutti i popoli, insieme, promuovono cambiamenti positivi e duraturi nelle comunità vicine, in quelle lontane, in ognuno di noi.
La risoluzione di problemi reali richiede profondo impegno e visione.
Dall’alfabetizzazione all’edificazione della pace, dall’acqua alla salute, siamo continuamente impegnati, fino alla fine, a migliorare il mondo in cui viviamo.
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Alla grande famiglia rotariana appartengono l’Inner Wheel, l’Interact e il Rotaract.



L’International Inner Wheel è un’associazione femminile, strettamente legata al Rotary di cui condivide ideali, finalità e obiettivi.
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È la più grande organizzazione femminile di service al mondo con 4 Rappresentanti all’ONU preposte ai grandi temi (i Diritti umani, i Diritti dei Bambini, la condizione della Donna, la Famiglia, gli Anziani, le Droghe).

I club Interact raccolgono ragazzi e ragazze dai 12 ai 18 anni per aiutarli a sviluppare le loro doti di leadership e scoprire il valore del servire con disinteresse.
Il Rotaract coinvolge giovani dai 18 ai 30 anni.
Giovani che vogliono fare la differenza.
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Il Rotaract accresce il senso civico dei giovani, affina la loro capacità di leadership e di comunicazione, svolge una funzione sociale e culturale nell’ambito della comunità e promuove la comprensione internazionale.
Mi avvio alla conclusione sottoponendovi alcune riflessioni sull’importanza della cultura e dello studio.
Il grande sviluppo tecnologico della nostra era ci ha dato accesso a una quantità di informazioni senza precedenti.
Il risultato, però, non è stato l’inizio di un nuovo illuminismo, ma il sorgere di un’età dell’incompetenza in cui una sorta di egualitarismo narcisistico e disinformato sembra avere la meglio sul tradizionale sapere consolidato.
Medici, professori, professionisti e specialisti di ogni tipo non sono più visti come le figure a cui affidarsi per un parere qualificato, ma come gli odiosi sostenitori di un sapere elitario e fondamentalmente inutile.
Che farsene di libri, titoli di studio e anni di praticantato se esiste Wikipedia? Perché leggere saggi, ricerche e giornali quando Facebook e Google mettono a nostra disposizione notizie apparentemente autentiche e di prima mano?
La fine della competenza è un rifiuto non solo della conoscenza, ma dei modi in cui guadagniamo conoscenza e impariamo dalle cose, le basi della stessa civiltà occidentale.
L’effetto perverso della morte della competenza è che senza più esperti reali, ognuno è esperto di tutto.
Quando la democrazia è intesa come una richiesta indefinita di opinioni prive di fondamento, tutto diventa possibile, inclusa la fine stessa della democrazia.
Ovviamente non è la competenza in sé a morire, ma il peso che questa ha nel tessuto sociale.
Con l’aggravante che a scemare non è solo l’importanza della competenza in sé, ma anche il processo di analisi, verifica e utilizzo dell’informazione, per prendere decisioni sui temi ordinari del vivere quotidiano e, per estensione, per orientarsi nei grandi temi, politica inclusa.
I giovani devono fare critica, anche serrata, per formare il futuro della democrazia ma…
… è necessaria la bussola della storia, della filosofia, della scienza, della cultura, dello studio e dell’impegno perché solo così, rimboccandosi le maniche, la critica si rivela costruttiva, profonda e innovativa.

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