Gli Avvocati, i disobbedienti e il fine vita



Sta per essere scritta una nuova importante pagina nel grande libro della disobbedienza civile e anche questa volta il ruolo degli Avvocati non è irrilevante.
Ieri, infatti, si è svolta una importante udienza presso il Tribunale di Massa in merito al processo contro Mina Welby e Marco Cappato per l’aiuto al suicidio offerto a Davide Trentini, cinquantatreenne, di cui ben trenta trascorsi come ammalato di Sclerosi multipla, che nell’aprile del 2017 decise di mettere fine alle insopportabili sofferenze recandosi in Svizzera, dove ebbe la possibilità di avvalersi del suicidio assistito. 
In quei momenti drammatici, Mina Welby fornì aiuto per completare la documentazione necessaria e accompagnandolo poi fisicamente, mentre Marco Cappato lo sostenne economicamente, procurando quanto gli mancava attraverso l’associazione Soccorso Civile, associazione di cui fanno parte entrambi insieme a Gustavo Fraticelli. 
Il giorno successivo il decesso di Davide Trentini, Mina Welby e Marco Cappato, rispettivamente co-Presidente e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, si presentarono presso la Stazione dei Carabinieri di Massa per autodenunciarsi.



Il processo Trentini è importante perché potrebbe modificare la situazione del fine vita in Italia, in quanto il dibattimento che si sta svolgendo presso il Tribunale di Massa ha un valore ulteriore rispetto al precedente che ha coinvolto Marco Cappato, processato e poi assolto dal Tribunale di Milano per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani, “Dj Fabo”. Infatti, la rivoluzionaria sentenza n°242/2019 della Corte Costituzionale, resa lo scorso novembre, ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale l’accesso al suicidio assistito se ricorre la presenza di quattro criteri oggettivi.
In particolare con la pronuncia della Consulta non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente 1-tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, 2-affetto da una patologia irreversibile 3-fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma 4- pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. 
Nel caso di Davide Trentini sono sicuri i tre requisiti della patologia irreversibile, della fonte di sofferenze intollerabili e della capacità di intendere e volere, quella che rimane da dimostrare è la quarta condizione prevista.
Così nel corso dell’udienza di ieri la difesa coordinata dall’avvocato Filomena Gallo (segretario dell’Associazione Luca Coscioni) ha chiesto, per verificare i requisiti scriminanti indicati dalla Consulta, l’audizione di un consulente tecnico di parte, il dott. Mario Riccio, già anestesista di Piergiorgio Welby, marito di Mina.
Il dott. Riccio nel corso della prova testimoniale ha precisato davanti ai Giudici: “Davide Trentini dipendeva da due principali forme di sostegno vitale: farmacologico e meccanico. Ormai la sua dipendenza dalla terapia farmacologica era pressoché totale, i dolori generalizzati erano divenuti di difficile controllo, così come gli spasmi muscolari e le continue “scosse” tipiche della malattia, nonostante assumesse una importante terapia antispastica e antidolorifica. Per questo nell’ultimo anno dovette ricorrere alle cure specifiche di un terapista del dolore, tra queste anche il farmaco Fentanil –analgesico oppioide di sintesi che rilascia un composto cento volte più potente della morfina. Pertanto, la sua sopravvivenza dipendeva da un sottile equilibrio nel dosaggio dei farmaci: una riduzione avrebbe determinato una condizione di sofferenza e di scompenso cardiaco che ne avrebbe accelerato il decorso clinico fino alla morte, un incremento –in particolare della componente antalgica (Fentanil)- ne avrebbe causato il decesso in tempi brevi se non immediati”.
“Abbiamo chiesto una consulenza tecnica medica sulla vicenda clinica di Davide Trentini per fornire alla Corte un quadro ancora più preciso e dettagliato della sua situazione clinica”, ha dichiarato, inoltre, Filomena Gallo, “una fotografia che già emergeva chiaramente dalla documentazione agli atti, ma che abbiamo ritenuto andasse ulteriormente approfondita da un’analisi tecnica per dimostrare i presupposti della piena assoluzione degli imputati. Riteniamo che solo in questo modo possa emergere, nella più completa evidenza, la situazione di effettiva dipendenza che legava Davide Trentini ai trattamenti medici – farmacologici e meccanici – di sostegno vitale”.



Quando nello stesso pomeriggio di ieri ho raggiunto telefonicamente l’Avv. Francesco Di Paola, salese, del Foro di Lagonegro, difensore di Mina Welby, la stanchezza era evidente ma, anche se non lo vedevo, ero certo che aveva sul viso anche i segni della soddisfazione. Sono riuscito a rubargli poche parole mentre il treno lo riportava a casa: “Questo processo ha molte similitudini con quello di Milano (ndr.: Cappato-DJ Fabo) ma l’intento del caso Trentini è quello di evidenziare che gli aspetti giuridici definiti dalla Corte Costituzionale possono trovare spazio non solo nel processo di Massa ma anche per altri casi che seguiranno, per tutte le persone irreversibilmente malate sottoposte a sofferenze insopportabili, e quindi non soltanto ai pazienti che sono collegati a macchinari”.
Ma le parole più belle, quelle che mi hanno commosso e travalicano i tecnicismi e la procedura, sono state in verità proprio quelle che animano tutti i veri “disobbedienti civili”: “il processo di Massa è importante soprattutto per il riconoscimento del pluralismo etico e per la libertà di scelta di tutti i cittadini”.

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