Sperimentazione animale e Milleproroghe


 La legge “Milleproroghe”, recentemente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, contiene una norma di fondamentale importanza per la ricerca biomedica italiana, norma relativa alla proroga, appunto, dell’applicazione dei divieti d’impiego dei modelli animali in studi sugli xenotrapianti d’organo e le sostanze d’abuso fino al 1 luglio 2025.

Come riferito da Research4Life sul suo sito internet, i ricercatori in Italia potranno, pertanto, continuare a lavorare in questi campi, nei quali il passaggio attraverso la sperimentazione animale è imprescindibile. Questa possibilità, oltre a evitare quella che sarebbe una grave perdita di competitività della ricerca italiana, rappresenta, in buona sostanza, anche e soprattutto una speranza per tutti coloro che potranno beneficiare dei risultati degli studi in questi campi.

Facciamo un passo indietro e analizziamo la questione sin dalle sue origini giuridiche.

I divieti che sanciscono l’impiego dei modelli animali in studi dedicati agli xenotrapianti d’organo e alle sostanze d’abuso vennero introdotti nel Decreto Legislativo n°26 del 4 marzo 2014, che doveva essere il mero recepimento italiano della direttiva europea 2010/63/EU, dedicata alla tutela degli animali impiegati a scopi scientifici e che ha introdotto il sistema delle 3R: Replace, Reduce, Refine. 

Ossia: 1) Rimpiazzare il modello animale ogni qualvolta questo sia scientificamente possibile, 2) Ridurre al minimo il numero di animali utilizzati e 3) Rifinire al meglio tutte le procedure riducendo al minimo la loro sofferenza.

In realtà, “dei 26 Paesi europei che hanno recepito la direttiva in modo integrale (e che all’epoca comprendevano la Gran Bretagna), riconoscendola come il punto d’equilibrio tra la necessità di tutelare il benessere degli animali e le necessità della ricerca scientifica e frutto di cinque anni di intenso lavoro tra tutti gli stakeholder interessati, l’Italia è l’unico ad averla stravolta”, ebbe modo di chiarire Niccolò Contucci, direttore generale della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. 

“A causa di tali modifiche, l’Unione europea ha già intrapreso una procedura d’infrazione a carico dell’Italia. Pertanto, l’obiettivo finale da raggiungere è quello dell’abolizione definitiva dei divieti, che rappresenterebbe la possibilità di evitare sanzioni inutilmente gravose. Soprattutto, questo consentirebbe ai ricercatori italiani di poter continuare a lavorare in sicurezza: e questo aspetto è importante non solo in quanto beneficio alla competitività della ricerca italiana ma, ancora più rilevante, per tutte le persone malate che possono beneficiare dei risultati di tale ricerca. Non dobbiamo infatti dimenticare che il fine del lavoro portato avanti dai ricercatori in campo biomedico è dare una prospettiva terapeutica a un paziente che oggi non ce l’ha”.

L’entrata in vigore effettiva dei divieti è stata, finora, posticipata con cadenze inizialmente triennale e ultimamente solo annuali dal 2014 (entrata in vigore della legge) a oggi: oggi, finalmente, la proroga di tre anni si delinea come un primo punto di successo, perché assicura un lasso temporale ulteriore e più ampio per seguitare a lavorare all’obiettivo definitivo della completa abolizione dei divieti, nonché alla finalità più ambiziosa: il corretto recepimento dell’intera direttiva europea.

Al contempo, “il supporto politicamente trasversale della Camera che ha permesso di ottenere una proroga di tre anni suggerisce come i parlamentari italiani stiano oggi dando attenzione alle necessità della comunità scientifica”, aggiunge Contucci. Necessità che i divieti ostacolano su due campi di ricerca di fondamentale importanza, quello delle sostanze d’abuso e degli xenotrapianti d’organo.

Come Research4Life ha rammentato più volte, la tutela del benessere degli animali non è solo un aspetto previsto dalla legge ma è un aspetto che sta a cuore agli stessi ricercatori. 

Il profilo etico della tutela del benessere animale non sfugge a nessuno: una sofferenza inutile non è giustificabile. Non a caso, tutti i bandi di finanziamento promossi dalla Fondazione AIRC comprendono tra i requisiti necessari alla partecipazione il rispetto delle 3R, il principio che guida la ricerca per limitare e ridurre ovunque possibile l’impiego degli animali. 

“Inoltre, dobbiamo considerare il costo degli animali impiegati a fini scientifici, che nessun ricercatore vorrebbe affrontare se avesse a disposizione metodi alternativi altrettanto validi, perché implicano investimenti strutturali, di formazione, mantenimento sanitario e così via davvero impegnativi. L’impiego degli animali è però, a oggi, ancora una necessità per la ricerca biomedica – necessità ribadita dalla legge, che prevede per esempio di testare la sicurezza di un farmaco, in fase preclinica, proprio sui modelli animali -, ovunque non siano disponibili alternative dimostratesi altrettanto valide che permettano di dare le stesse garanzie di sicurezza per un nuovo farmaco, una nuova attività diagnostica, un nuovo device e qualsiasi altra molecola o strumento che debba poi essere impiegato su un essere umano” precisa ancora una volta Contucci.

“Per troppi anni la comunità scientifica è stata colpevolmente in silenzio sul tema della sperimentazione animale, permettendo così la divulgazione di false informazioni che hanno creato un clima di ostilità e sfiducia nei confronti dei ricercatori”, precisa anche Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life.

“È confortante osservare come l’attività di apertura verso l’opinione pubblica e di costante comunicazione sul tema della sperimentazione animale attuata negli ultimi sette anni stia finalmente dando i risultati attesi, riportando il dibattito in un ambito di corretta informazione e quindi mettendo i nostri decisori politici nelle condizioni di poter effettuare scelte scientificamente ed eticamente coerenti con le necessità del paese”.

Voglio aggiungere un dato riferibile esclusivamente all’Italia: i pazienti in attesa di un trapianto d’organo sono 8.280 (dati aggiornati al 25 febbraio 2022), e ancora di più risultano gli iscritti, che salgono a 9.529, perché alcuni pazienti necessitano di un trapianto combinato.

In questo ambito, insomma, è evidente che la domanda supera ampiamente l’offerta.

È in questa ottica che occorre discutere, senza preconcetti e pregiudizi antiscientifici, della ricerca sugli xenotrapianti d’organo, ossia quei trapianti che contemplano l’impiego di organi e tessuti provenienti da una specie diversa dalla nostra. 

La ricerca più recente ha, infatti, evidenziato come siano i maiali i candidati più idonei per gli xenotrapianti d’organo, soprattutto in relazione alle dimensioni e strutture che sono molti simili a quelle umane. La possibilità di intervenire sugli animali con tecniche avanzate di biologia molecolare, quale l’editing genetico, potrebbe inoltre consentire di avere individui nei quali il DNA è stato modificato con grande precisione per limitare i problemi d’incompatibilità che potrebbero portare al rigetto dell’organo, o addirittura renderli ancora più compatibili con il nostro organismo inserendo sequenze del genoma umano.


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