Consulta: sì ai rapporti civili tra bambini adottati in casi paricolari e parenti dell'adottante


 La Corte Costituzionale, riunita in camera di consiglio lo scorso 24 febbraio, ha vagliato la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che escludono, nelle adozioni di minori “in casi particolari”, l’esistenza di “rapporti civili” tra il bambino adottato e i parenti dell’adottante (cfr. art. 55 della Legge n°184 del 1983 e art. 300, comma 2, del codice civile). 

In attesa del deposito della sentenza e di poter leggere nel dettaglio le motivazioni, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale ha, nel frattempo, reso noto che le disposizioni censurate sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui prevedono che “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”. 

La Consulta ha sancito, in buona sostanza, che il mancato riconoscimento dei rapporti civili con i parenti dell’adottante discrimina, in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, il bambino adottato “in casi particolari” rispetto agli altri figli e lo priva di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, in contrasto con gli articoli 31, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione in relazione all’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. 

Il caso affrontato dalla Corte Costituzionale trae origine dalla richiesta di uno di due uomini, uniti in unione civile, che aveva chiesto l’adozione di una minore, figlia biologica del partner, domandando anche che fosse riconosciuto il legame di parentela della minore con gli altri parenti dell’adottante. 

Il Giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna aveva riconosciuto ovviamente l’adozione, ma non l’esistenza di un legame con i parenti del genitore adottante. 

Da qui la questione di legittimità costituzionale circa gli articoli di legge citati all’inizio. 

Secondo i ricorrenti questa decisione, pur aderente alla normativa vigente in materia, sarebbe stata tuttavia in contrasto con il principio di parità di trattamento di tutti i figli, nati all’interno del matrimonio, fuori dal matrimonio e adottivi (cfr. la Legge n°219/2012 che ha disposto l'uguaglianza di tutti i figli, mentre prima si distingueva tra figli legittimi e figli naturali) e avrebbe impedito, di fatto, al minore di godere a pieno della sua vita familiare.

Angelo Schillaci, Professore associato di Diritto pubblico comparato presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università La Sapienza di Roma, che ha seguito fin dall’inizio la questione ha dichiarato. “Fino ad ora l’effetto di un’adozione in casi particolari era quello di indurre un legame solo con l’adottante ma non anche con i parenti di questo. Adesso invece l’adozione in casi particolari avrà effetti identici a quelli dell’adozione piena. Effetti pieni significa che non solo vengono adottati ma vengono inseriti in una famiglia di origine”. 

È un passaggio fondamentale per le famiglie arcobaleno “perché dal 2014 in poi l’adozione in casi particolari era l’unico strumento consolidato nella prassi per dare tutela giuridica ai loro figli… l’adozione in casi particolari si è consolidata nella giurisprudenza perché è stata indicata come lo strumento residuale per il riconoscimento della doppia genitorialità. Il suo limite grosso però è che dava luogo a situazioni paradossali. Per esempio quando in una coppia omogenitoriale ci sono due bambini, ciascuno figlio di uno dei due e adottato dall’altro, questi due bambini non erano fratelli fra loro perché il legame adottivo ex articolo 44 si stabiliva solo con l’adottante, ma non con i suoi parenti. Questa cosa ora viene superata e i bambini avranno nonni, zii, fratelli… legami che già esistono ma diventano ora tali anche per il diritto”.

Giova aggiungere, per completezza espositiva, che l’adozione “in casi particolari”, ai sensi dell’articolo 44 della Legge n°184/1983, non riguarda esclusivamente i figli delle famiglie arcobaleno ma tante altre situazioni meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento. 

Più in dettaglio: secondo la norma i minori possono essere adottati anche quando non ricorra lo stato di abbandono dichiarato, nei seguenti casi: lettera a: da persone legate da vincolo di parentela entro il sesto grado o da preesistente stabile rapporto, se orfano di padre e di madre; lettera b: dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio dell’altro coniuge, anche adottivo; lettera c: quando il minore sia portatore di handicap ai sensi della legge 104/1992, se orfano di padre e di madre; lettera d: quando via sia la constata impossibilità di un affidamento preadottivo. L’adozione, in questi casi, è consentita anche in presenza di figli legittimi.

Come da tempo ha evidenziato la dottrina più accorta e sensibile al tema, stiamo assistendo all’evoluzione ed al mutamento del concetto stesso di “famiglia” e di “genitore”. 

A tutti gli effetti, oggi, genitore non è necessariamente chi ha procreato il figlio ma è anche chi se ne prende cura e se ne occupa in quanto, ad esempio, legato, attraverso una relazione affettiva salda e continuativa, ad uno dei genitori biologici. 

Accanto al genitore “giuridico” ecco che, nella società contemporanea, si manifesta il genitore “sociale”. 

Questa sentenza prende atto di ciò e, sulla scorta dei valori e dei princìpi della nostra Costituzione, restituisce a ciascun bambino la propria identità, fatta di tutte quelle relazioni affettive che significano, in fondo, famiglia.


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