“Sono sei milioni i consumatori di cannabis in Italia, tra questi anche moltissimi pazienti spesso lasciati soli dallo Stato nell’impossibilità di ricevere la terapia, nonostante la regolare prescrizione. Nella XII e nella XIII legislatura più di cento deputati, appartenenti a schieramenti politici diversi, avevano firmato il disegno di legge a prima firma dell’onorevole Franco Corleone per la sua legalizzazione. Lo stesso disegno di legge, con il medesimo testo e spirito non ideologico, era stato presentato nella XIV e nella XV legislatura dal senatore Della Seta. Seppure nel Paese il tema della legalizzazione dei derivati della cannabis abbia acquisito consensi sempre più vasti, dal 1995 ad oggi la possibilità di un confronto pragmatico ed equilibrato in Parlamento è stata resa vana dall’ostruzionismo manifestato dalle posizioni più faziose. Anche nella XVII legislatura oltre 200 fra deputati e senatori appartenenti a gruppi differenti firmarono il disegno di legge del cosiddetto intergruppo per la cannabis legale, che purtroppo si arenò dopo un primo dibattito in aula alla Camera. Nel 2017, la Camera dei deputati ha ricevuto le oltre 50.000 firme a sostegno di un disegno di legge popolare sulla legalizzazione della cannabis promossa dall’Associazione Luca Coscioni e da Radicali italiani, che ha messo d’accordo decine di magistrati, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e ha dato seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014 che ha di fatto sconfessato il modello della legge Fini-Giovanardi (legge 21 febbraio 2006, n. 49, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272), confermando l’assoluta mancanza di controllo di fatto sulle droghe in Italia. Numerosi sono i disegni di legge che si sono succeduti nella XIII legislatura sulla regolamentazione legale della cannabis, portando il dibattito al centro della scena politica.
Da ultimo, il quesito referendario sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis e l’eliminazione di tutte le pene detentive, ad eccezione di quelle associative destinate al traffico, presentato in Cassazione lo scorso settembre 2021 da esperti, giuristi e militanti impegnati contro il proibizionismo coordinati dalle associazioni Luca Coscioni, Meglio legale, Forum Droghe, Antigone, Società della ragione, ha raccolto oltre 630.000 firme in poco più di un mese, 130.000 in più della soglia minima prevista. Segno indiscusso che la coltivazione, la vendita e il consumo di cannabis restano tra le questioni sociali più importanti nel nostro Paese. Un tema che attraversa la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la possibilità di impresa, la ricerca scientifica, le libertà individuali e, soprattutto, la lotta alle mafie.
La questione se il regime di proibizione per la cannabis sia il più adatto a difendere la salute pubblica è stata affrontata a più riprese fin dal secolo scorso da commissioni di studio e comitati insediati dai Governi e dai Parlamenti in diverse parti del mondo.”.
È questo l’incipit della Relazione alla Presidenza e ai Colleghi del Senato che Gianni Pittella ha consegnato lo scorso mese di febbraio per illustrare il disegno di legge n°2529 della XVIII Legislatura in materia di “Disposizioni per la tutela della salute, per la regolamentazione del consumo, della produzione e del commercio della cannabis e dei suoi derivati, nonché per la prevenzione e la ricerca in materia di uso di sostanze psicoattive”.
Nel superare l’obsoleto approccio proibizionista il disegno di legge a prima firma Pittella punta, invece, alla tutela dei diritti, alla centralità della persona che fa uso di cannabis, nonché alla salute pubblica.
Il primo principio che viene introdotto con la normativa che si intende approvare attiene alla Autoregolamentazione e controllo del consumo e della coltivazione di cannabis per uso domestico.
È previsto che il consumo, ancorché di gruppo, la cessione gratuita e la coltivazione per fini personali, di cannabis e dei prodotti derivati sono consentiti, ma sono posti limiti al consumo di cannabis nei luoghi pubblici (articolo 6) ed è fatto divieto di propaganda pubblicitaria (articolo 7). Sono inoltre previste aggregazioni in forma associata per la coltivazione domestica, al fine di favorire la socializzazione funzionale all’autoregolamentazione del consumo consapevole.
Precisa ancora Pittella: “Nel nuovo sistema in cui il consumo e la circolazione di cannabis sono leciti, le sanzioni penali della legislazione speciale (articolo 4) si riducono a quelle previste per la tutela del minore e della salute, in aggiunta a quelle già esistenti nel codice penale e nel nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. La clausola di riserva, di cui all’articolo 3 e al comma 3 dell’articolo 4, dovrebbe consentire che le condotte di violazione dell’autorizzazione o di acquisto o di vendita di prodotti non autorizzati rientrino nell’area di responsabilità penale solo qualora si inseriscano nell’ambito di un’organizzazione criminale o abbiano ad oggetto prodotti pericolosi per la salute; in caso contrario resterebbero illeciti amministrativi. Le sanzioni amministrative (articoli 3 e 6) hanno, da un lato, la funzione di garantire il rispetto del sistema di regole e, dall’altro, quella di offrire ai soggetti più deboli, come i minori (articolo 4, comma 2), percorsi informativi e risocializzanti.”.
Questo in merito al sistema sanzionatorio; in ordine, invece, alla questione della prevenzione e dell’educazione nelle scuole, dalla relazione e dall’articolo 8 si evince che “In attuazione di quanto disposto dagli articoli 104, 105 e 106 del testo unico (cfr. DPR n°309/1990), sulla base delle indicazioni del comitato di cui al citato articolo 104, comma 3, del medesimo testo unico, è fatto obbligo ai dirigenti scolastici di promuovere e realizzare attività di educazione alla salute fisica, psichica e sociale, in collaborazione con le autorità competenti.”.
Interessante è l’impianto di fondo, de iure condendo.
Infatti, non solo si ribadisce l’abbandono di una fallimentare posizione proibizionista ma si suggerisce e propone un regime autorizzativo per la vendita e per il commercio che consenta anche di superare le perplessità insite in un regime di monopolio di Stato e ciò sia per ragioni di princìpi – in ordine alle funzioni proprie dello Stato in questa delicata materia – sia in ordine alla difficoltà pratica di mettere in opera una produzione statale di droghe leggere.
Giova, in ultimo, evidenziare che il disegno di legge è stato redatto da un gruppo di lavoro promosso dalla già citata organizzazione non lucrativa di utilità sociale, « La Società della ragione », che si occupa, tra l’altro di questioni attinenti alla giustizia, al diritto penale, al carcere, per la difesa delle libertà e dei diritti dei cittadini e delle cittadine, il rispetto delle differenze (in particolare della differenza femminile), la valorizzazione delle soggettività, in specie degli individui e dei gruppi che meno voce hanno nella società (persone in condizioni di fragilità sociale, di disabilità e di marginalità).
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