Privacy e democrazia diretta digitale

 



Nei giorni scorsi, il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato al Ministero per l’innovazione tecnologica il prescritto parere sullo schema di DPCM che stabilisce le regole della piattaforma per la raccolta delle firme per i referendum abrogativi ed i progetti di legge di iniziativa popolare. 

In sintesi, l’Autorità ha ritenuto che, dall’esame di un provvedimento così rilevante per istituti di democrazia diretta, previsti e garantiti dalla Costituzione, siano emersi numerosi profili critici in quanto la norma regolamentare è, attualmente, priva di adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini.

Partiamo da un punto: a mente della Costituzione e della legge sul referendum il trattamento dei dati dei sottoscrittori è in capo ad alcuni soggetti ben individuati quali i promotori, i partiti politici, l’ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, la Camera alla quale viene presentata la proposta di legge. A questi soggetti l’ordinamento conferisce funzioni delicate e costituzionalmente garantite tra cui, appunto, la raccolta dei dati personali dei sottoscrittori, la verifica della loro iscrizione nelle liste elettorali, il deposito delle firme autenticate ecc... 

Il DPCM licenziato prevede, invece, l’intervento di ulteriori “attori”: il gestore della piattaforma, ossia una persona giuridica individuata dalla Presidenza del Consiglio, per ora del tutto indeterminata, e la Presidenza del Consiglio stessa, chiamata a realizzare la piattaforma e, seppure solo fino all’attivazione delle utenze dell’Ufficio centrale per il referendum, a inserire i dati dei cittadini che sottoscrivono il referendum e abilitare l’accesso dei promotori. Al gestore della piattaforma, inoltre, è attribuito tutto lo sviluppo tecnologico dell’infrastruttura, i cui aspetti tecnici sarebbero inclusi in un manuale operativo che, peraltro, non verrebbe nemmeno sottoposto all’esame del Garante e del Ministero della Giustizia. 

Tale rinvio al manuale operativo secondo il Garante è incompatibile con la lettera e con lo spirito della legge e, chiaramente, non offre adeguate garanzie di protezione dei dati personali in relazione a profili essenziali del funzionamento della piattaforma.

Occorre rimarcare, infatti, che “i dati dei sottoscrittori di una proposta di referendum o di un progetto di legge rientrano nell’ambito delle particolari categorie di dati per i quali il Regolamento europeo prevede rigorose tutele a garanzia della loro riservatezza. Essi rivelano infatti, oltre al dato sulla partecipazione alla consultazione referendaria, le opinioni o la posizione politica del sottoscrittore” precisa il comunicato stampa del 12 aprile a cura del Garante Privacy.

Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che con l’avvocato Mario Staderini ha concorso all’entrata in vigore di questa innovazione civica, in ordine alla questione ha dichiarato: “Non entriamo nel merito dei rilievi mossi dal Garante privacy relativi alla proposta di DPCM, che ritiene quanto preparato senza adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. Si tratta di rilievi che devono quanto prima esser affrontati e risolti grazie agli strumenti tecnologici e giuridici a disposizione delle istituzioni per garantire la riservatezza dei dati personali di chi firma, ma anche consentire ai promotori delle iniziative di contattare chi partecipa per ulteriori informazioni e sostegni”.

“Ci appelliamo dunque al Governo, e in particolare al Ministro Colao che lavora al progetto da quasi un anno, affinché risolva con la massima celerità le obiezioni mosse dal Garante privacy e si possa procedere speditamente per rendere operativa la piattaforma che doveva essere operativa prima all’inizio dell’anno, poi a marzo e che, secondo quanto risposto dal Governo in Parlamento qualche settimana fa potrebbe essere pronta nel secondo semestre del 2022”, ha poi proseguito Cappato.

Giova, infine, ricordare che, dopo una lunga campagna condotta da Staderini e culminata nel 2019 con la condanna dell’Italia da parte della Comitato diritti umani delle Nazioni Unite e anche in virtù dell’azione politica di sollecitazione al Ministero svolta dall’Associazione Luca Coscioni, questa battaglia di civiltà fu tradotta, nell’estate 2021, da Riccardo Magi (+Europa) in emendamento poi approvato dal Parlamento. Così, per la prima volta nella storia della democrazia italiana, la raccolta firme a sostegno dei referendum Eutanasia e Cannabis, che tra giugno e settembre 2021 raccolse quasi due milioni di adesioni, avvenne in parte anche in digitale grazie al Sistema pubblico di identità digitale (Spid) o la Carta di identità elettronica (Cie).


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