Il Consiglio di Stato e la pillola dei cinque giorni dopo

 

Con la sentenza n°2928 del 19 aprile scorso il Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio che, nel giugno 2021, aveva già ritenuto legittima la decisione dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) di eliminare l’obbligo, anche per le giovani sotto i 18 anni, di presentare la ricetta medica per richiedere la pillola “EllaOne”, meglio nota come la “pillola dei cinque giorni dopo”.

La III Sezione del Consiglio di Stato ha, infatti, precisato che l’assunzione della pillola, “non costituisce un trattamento sanitario, sottolineando come l’eliminazione della prescrizione medica non si ponga in contrasto né con il diritto alla vita della minore a una corretta informazione, né con quello dei genitori a sostituirsi al minore, avendo piuttosto come scopo la tutela della salute psicofisica della minore”.

In sintesi, si legge nella sentenza pronunciata ora dal Consiglio di Stato: “Non è un farmaco abortivo, non deve dunque essere confuso con l’interruzione volontaria della gravidanza. Gli studi scientifici alla base della delibera hanno chiarito che il processo antiovulatorio agisce prima dell’impianto dell’embrione”.

La vicenda giudiziaria prende le mosse dall’impugnativa da parte delle cd. Associazioni “pro vita” del provvedimento con cui, nell’ottobre del 2020, l’Aifa, Agenzia italiana per il farmaco, si era espressa a favore della vendita di EllaOne senza prescrizione medica anche alle minorenni. Così come, peraltro, già era avvenuto in passato per la pillola del giorno dopo, la più vecchia Norlevo.

Tra i motivi a base dell’impugnazione i ricorrenti opinavano che la somministrazione del farmaco ElleOne rientrasse tra i trattamenti sanitari e rilevavano, pertanto, la violazione del consenso informato dei genitori o tutori in caso di somministrazione del farmaco alle minorenni. Per le associazioni pro vita, inoltre, la somministrazione della contraccezione di emergenza alle minorenni senza prescrizione non “sarebbe stata suffragata da studi e più specifiche sperimentazioni” sui possibili rischi.

Già per il TAR Lazio la presunta carenza di ricerche scientifiche “risulta per tabulas smentita ad una attenta lettura del ‘Razionale scientifico e regolatorio’ del 16 dicembre 2019 dal quale risulta al contrario la presenza di numerosi studi e contributi in tale specifico settore”.

Non solo, i giudici hanno avuto modo di evidenziare che numerose fonti scientifiche portano “da un lato ad escludere problematiche di salute quale sia l’età di chi assume tale sostanza, dall’altro ad escludere una ulteriore portata antinidatoria in capo al prodotto medesimo”.

Inoltre, la sentenza del TAR Lazio ha sottolineato che le tesi delle associazioni ricorrenti poggiavano unicamente su uno studio di un “esperto” che di fatto esprimeva un mero giudizio di non condivisione, o comunque una diversa opinione, se non addirittura un semplice dubbio, rispetto a quanto affermato dal competente organo tecnico. Il tutto senza mai evidenziare “profili di eventuale palese illogicità o di macroscopica erroneità delle valutazioni espresse da Aifa circa l’effetto soltanto antiovulatorio del prodotto in contestazione”. 

In sostanza, per la sentenza del 2021 “non è mai stata raggiunta quella indefettibile ‘prova rigorosa’ circa la sicura inattendibilità delle scelte al riguardo operate dalla intimata amministrazione nell’esercizio del suo potere tecnico discrezionale”.

All’esito del giudizio, Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni ebbe a dichiarare: “Il tribunale fa riferimento alla letteratura internazionale, che assume come dato di evidenza il meccanismo d’azione del farmaco e la sua rispondenza ai criteri stabiliti per i farmaci dispensabili senza obbligo di prescrizione, affermando che il ricorso delle associazioni cattoliche era basato solo su opinioni e su un unico studio, peraltro discutibile da un punto di vista metodologico. È auspicabile che le opinioni e le posizioni ideologiche personali, ovviamente legittime, non abbiano diritto di cittadinanza nella pratica medica e nella ricerca scientifica, che hanno come unico fine la salute delle persone”.

Come visto, oggi, il Consiglio di Stato va oltre e, nel confermare provvedimento amministrativo e sentenza di prime cure, ha precisato che una lettura costituzionalmente orientata della disciplina del consenso informato impone innanzitutto la protezione del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’auto-determinazione della persona, tutti diritti che sarebbero fortemente compressi nell’ipotesi in cui si esigesse, come nel caso della somministrazione di farmaci analoghi relativi alla libertà sessuale, la necessità del consenso dei genitori o dei tutori.

A seguito dell’intervento del Consiglio di Stato, l’Associazione Coscioni sui suoi canali social ha puntualizzato: “I giudici hanno stabilito che l’acquisto della pillola a minorenni e senza ricetta è legittima perché non si pone in contrasto da un lato con il diritto del minore ad una corretta informazione e dall’altra con il diritto dei genitori o di chi ne fa le veci a sostituirsi al minore. Si tratta di una buona notizia perché questa decisione antepone la salute individuale a questioni ideologiche o moralistiche che non possono mettere in pericolo le persone, a maggior ragione se minorenni.”.


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