App Immuni: lo studio della Law Clinic




Sul sito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ieri è stato pubblicata un’analisi dal punto di vista giuridico della app “Immuni” a cura del Professore Gabriele Della Morte, docente di Diritto internazionale nella facoltà di Giurisprudenza, insieme con gli studenti della Law Clinic di Diritto internazionale.
Partendo dal dato tecnico si precisa che la app  -proposta dalla società italiana “Bending Spoons” e scelta dal Governo italiano-  sfrutta la tecnologia Bluetooth Low Energy; per cui è possibile rilevare la vicinanza tra due smartphone e rintracciare, in modo anonimo, i contatti di una persona risultata positiva al Covid-19 al fine di individuare i potenziali contagiati.
Da un punto di vista operativo si ribadisce che l’installazione è su base gratuita, volontaria e accessibile agli individui maggiori di 14 anni. App “Immuni” può essere rimossa dal proprio dispositivo in qualsiasi momento e ciò cancella dal sistema anche tutti i dati raccolti.



Ma come funziona in pratica? “Nel caso in cui il proprietario dello smartphone risulti positivo potrà (facoltativamente) caricare sul server pubblico (Sogei, gestito dal Ministero delle finanze) attraverso l’assistenza di un operatore sanitario i codici casuali che il proprio dispositivo ha generato nel corso dei giorni precedenti. “Immuni” controlla periodicamente i codici presenti sul server e li confronta con quelli salvati sul dispositivo dell’utente. In questo modo l’algoritmo dell’app determina se l’utente sia stato esposto a un potenziale contagio. In caso di risposta affermativa, avverte l’utente di mettersi in contatto con gli operatori sanitari al fine di affrontare secondo i protocolli opportuni le fasi successive.”.
Ciò posto, occorre ricordare che in Italia così come negli altri Stati membri dell’Unione europea sono possibili limitazioni della tutela dei dati personali nelle ipotesi in cui dette compressioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di tali diritti, perseguano scopi d’interesse generale e siano necessarie e proporzionali (cfr. art. 52 della Carta di Nizza e art. 23 del GDPR).
Secondo lo studio dell’Università Cattolica la soluzione italiana si contraddistingue positivamente per: l’opzione del sistema meno invasivo (Bluetooth); la volontarietà del ricorso all’app; il trattamento di dati sostanzialmente anonimi; la struttura pubblica e decentralizzata della gestione dei medesimi e la caratteristica open source del codice. Quindi lo studio considera superato il test di necessità stante il primario interesse pubblico alla sanità e la scelta della soluzione meno invadente.
In relazione al test di proporzionalità e all’efficacia sostanziale della app, invece, permangono, anche secondo il prof. Della Morte, fondamentali zone d’ombra.
Infatti, precisa il docente universitario: “Combinando i dati dell’Università di Oxford – secondo la quale l’efficacia dell’app è subordinata all’adesione di almeno il 60% della popolazione (in tal senso anche il Garante italiano per la protezione dei dati personali) – con quelli analizzati dal Censis – ai sensi dei quali i possessori di smartphone corrispondono al 73,8% degli italiani – appare chiaro che l’app debba essere scaricata dalla quasi totalità dei proprietari di smartphone. Se a ciò si aggiungono l’anzianità della popolazione italiana, la scarsa digitalizzazione della stessa, la non obbligatorietà della app e, da ultimo, la circostanza per cui senza uno smartphone compatibile non si può adoperare l’app (solo i dispositivi apple che supportano una versione di iOS pari o superiore alla 13.5 o di Android pari o superiore alla 6 possono scaricare la medesima), non è difficile immaginare una diffusione decisamente limitata.”.
E ancora: “In particolare, risulta altamente improbabile che venga raggiunta una copertura idonea ad un corretto funzionamento e tale circostanza non può non incidere sul bilanciamento complessivo. La valutazione complessiva dell’app “Immuni” deve risentire pertanto di un approccio ‘olistico’ fondato, in particolare, sulle cd. ‘tre t’: accanto al tracciamento dei contagi (tracing), occorre garantire un numero di tamponi adeguato (testing) oltre al trattamento sanitario dei contagiati (treatment).”.
Insomma, come già rilevato anche in precedenti articoli su questo blog (cfr. https://avvocatisquillaciotigrillo.blogspot.com/2020/06/immuni-efficacia-integrita-dei-dati-e.html) il problema principale resta sempre quello della efficacia sostanziale della app.



Per approfondire: https://www.cattolicanews.it/giuridicamente-immuni-vantaggi-e-dubbi-sull-efficacia-dell-app

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