Maternità surrogata e fecondazione eterologa: le decisioni della Consulta e i diritti dei figli

 



Nella giornata del 9 marzo scorso sono state depositate dalla Corte Costituzionale due importanti sentenze, la n° 32 e la n°33, relative alla fecondazione eterologa e alla maternità surrogata.

Con la prima pronuncia, redattrice il Giudice Silvana Sciarra, la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate dal Tribunale di Padova, con riferimento agli articoli 8 e 9 della legge n°40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) e dell’articolo 250 del codice civile. Al contempo, però, ha anche statuito che spetta prioritariamente al legislatore individuare il “ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana”, per fornire, in maniera organica, adeguata tutela ai diritti del minore “alla cura, all’educazione, all’istruzione, al mantenimento, alla successione e, più in generale, alla continuità e al conforto di abitudini condivise”, evitando di generare disarmonie nel sistema.

Del resto, era ormai da tempo divenuto evidente l’inerzia del legislatore e il grave vuoto di tutela dell’interesse del minore, nato da fecondazione eterologa praticata all’estero da due donne il cui rapporto, dopo anni, fosse diventato conflittuale.

La questione decisa con la sentenza n°32/2021 prende le mosse da una vicenda portata all’attenzione del Tribunale di Padova che, nel rimettere la questione al Giudice delle Leggi, rimarcava questo vuoto di tutela in quanto le norme citate non consentono ai nati da un progetto condiviso di Procreazione Medicalmente Assistita, praticata all’estero da due donne, l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla madre intenzionale, quando non vi siano le condizioni per procedere all’”adozione in casi particolari” e sia accertato giudizialmente l’interesse del minore.

Nella vicenda scrutinata dal Tribunale di Padova, infatti, a seguito di una situazione conflittuale creatasi nella coppia dopo anni di convivenza e di cura congiunta di due bambine nate in Italia, alla madre intenzionale (quella non biologica) era stato impedito l’esercizio della responsabilità genitoriale, nonostante i tentativi di ristabilire un normale rapporto affettivo con le minori.

La Consulta ha motivato la sentenza facendo riferimento innanzitutto a precedenti decisioni della Corte stessa da cui affiora, con riferimento agli articoli 2, 30 e 31 della nostra Carta Costituzionale, la costante attenzione al miglior interesse del minore, anche nato da Procreazione Medicalmente Assistita prima ancora che la pratica della fecondazione eterologa fosse disciplinata, e la valorizzazione della genitorialità sociale, se non coincidente con quella biologica, poiché il dato genetico non è requisito imprescindibile della famiglia. 

Inoltre, nella sentenza n°32/2021 vengono richiamati anche gli strumenti internazionali dei diritti umani e la giurisprudenza delle due Corti europee, per far emergere un quadro ampio e sinergico di riferimenti alla tutela degli interessi “preminenti” e “migliori” dei minori nello stabilire legami con entrambi i genitori. L’identità dei figli, centrale nelle decisioni della Corte di Strasburgo, finisce con l’essere “incisa quale componente della sua vita privata”, se non si stabilisce un legame affettivo stabile, rafforzato dalla filiazione. 

La Corte Costituzionale dopo aver ribadito al Parlamento che è indifferibile una legge per garantire ai nati pieni diritti alla cura, all’educazione, all’istruzione, alla stabilità dei rapporti affettivi, ha indicato, inoltre, gli ambiti entro cui potrebbe svolgersi l’intervento del legislatore al fine di assicurare adeguata tutela ai minori: dalla riscrittura delle previsioni sullo status filiationis, a una nuova tipologia di adozione che garantisca tempestivamente la pienezza dei diritti dei nati.


Non sono, per la verità, mancati i commenti della politica. Queste le parole di Alessandro Zan, deputato del PD e primo firmatario di un disegno di legge contro l’omofobia già approvato alla Camera: “La Corte Costituzionale ha chiarito le motivazioni delle sentenze n. 32 e 33 dello scorso 28 gennaio, entrambe riguardanti famiglie omogenitoriali. Le motivazioni della Corte sono particolarmente significative perché in entrambi i casi sottolineano che il legislatore deve agire tempestivamente per assicurare anche in Italia gli stessi diritti a tutti i bambini, così come “l’orientamento sessuale non incide di per sé sull’idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale”. Con la sentenza n. 32 la Corte stabilisce che l’assenza di una normativa specifica crea una “disarmonia nel sistema”, quindi una vera e proprio discriminazione nei confronti dei figli di coppie omogenitoriali, mentre la n. 33 chiede che siano assicurati i pieni interessi del minore, indipendentemente che la coppia di genitori sia omosessuale o eterosessuale. Queste sono solo le ultime delle tantissime esortazioni che la magistratura ha inviato al Parlamento affinché la dignità e i diritti di tutti i bambini siano pienamente riconosciuti dallo Stato Italiano e venga posta la parola fine a una discriminazione insopportabile che dura da troppo tempo. Chi nega l’urgenza di riconoscere questi diritti, nega la realtà. Ancora una volta la politica e le istituzioni sono in ritardo rispetto alla società”. 

Anche con la sentenza n°33/2021, la Corte Costituzionale, relatore il Giudice Francesco Viganò, ha avvalorato il concetto che per tutelare i nati da maternità surrogata occorre un riconoscimento giuridico del legame tra il bambino e la coppia che se ne prende cura e che, pertanto, l’ordinamento deve garantire piena tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia che ne hanno voluto la nascita e che lo hanno poi accudito, esercitando di fatto la responsabilità genitoriale.

Anche in questo caso la Consulta ha dichiarato inammissibile la questione sollevata stavolta dalla Corte di Cassazione, ma ha evidenziato la necessità di non dilazionabili provvedimenti da parte del Legislatore per trovare una soluzione normativa all’attuale contesto di insufficiente tutela degli interessi del minore.


Più in dettaglio: la questione decisa con la sentenza n°33/2021 è relativa ad un bambino nato nel 2015 in Canada da una donna nel cui utero era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana. Quest’ultimo si era sposato in Canada – con atto trascritto in Italia nel registro delle unioni civili – con un altro uomo, anch’esso cittadino italiano, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale. In virtù di una sentenza canadese, il bambino era stato quindi iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato civile. I due uomini chiedevano il riconoscimento dell’efficacia di tale sentenza anche nell’ordinamento italiano.

La Consulta, pur ribadendo il divieto penalmente sanzionato in Italia della maternità surrogata, ha anche sottolineato come la questione ora sottoposta alla sua attenzione è piuttosto focalizzata sui “migliori interessi” del bambino nei suoi rapporti con la coppia (omosessuale o eterosessuale) che ha intrapreso all’estero, dove è lecito, tale percorso, interessi che poi, anche in Italia, possano trovare una loro necessaria tutela.

In definitiva, per il Giudice delle Leggi, l’interesse del minore è quello di “ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre surrogata”. 

“Questi legami sono, infatti, parte integrante della stessa identità del minore, che vive e cresce nell’ambito di una determinata comunità di affetti; il che vale anche se questa comunità sia strutturata attorno ad una coppia composta da persone dello stesso sesso, poiché l’orientamento sessuale non incide di per sé sull’idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale. Inoltre, il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo a costoro i doveri inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale e ai quali non è pensabile sottrarsi ad libitum” precisa il comunicato stampa della Corte Costituzionale.

Allora, escluso l’automatico riconoscimento di eventuali provvedimenti giudiziari stranieri di riconoscimento della doppia genitorialità ai componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia fatto ricorso all’estero alla maternità surrogata, è pur vero che occorrerà assicurare una opportuna tutela degli interessi del bambino al riconoscimento del suo rapporto giuridico anche con il genitore cd. intenzionale “attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del bambino”.

Inoltre, giova aggiungere, che la Consulta abbia pure sottolineato come il ricorso all’adozione in casi particolari, previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera d) della legge n°184/1983 e già considerato possibile da molte pronunce della Corte di Cassazione, “costituisce una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa, ma ancora non del tutto adeguata al metro dei princìpi costituzionali e sovranazionali”. 

L’adozione di casi particolari in quanto “adozione non legittimante”, infatti, non attribuisce la genitorialità all’adottante. Non è pacifico in dottrina e in giurisprudenza, peraltro, se questa modalità di adozione istituisca veri e propri rapporti di parentela tra l’adottato e coloro che quest’ultimo percepisce socialmente come i propri nonni, zii, o addirittura con i fratelli e le sorelle. Infine, questa forma di adozione resta inevitabilmente subordinata all’assenso del genitore “biologico”, assenso che potrebbe difettare proprio in caso di crisi della coppia.

Anche in questo caso, come visto per la precedente sentenza, si palesa un monito per il legislatore che rimane onerato di disciplinare e garantire una piena tutela degli interessi del minore.

In coda, giova segnalare che hanno depositato opinioni scritte numerosi “amici curiae”: alcuni a sostegno della questione sollevata dalla Cassazione (l’Associazione Luca Coscioni, l’Associazione Radicale Certi Diritti e l’Avvocatura per i Diritti LGBTI), altri contrari (l’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, l’Associazione Amici dei bambini, l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e l’Associazione Famiglie per l’accoglienza), segno inequivocabile che la questione è molto sentita oltre che controversa.


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