È illegittimo imporre il cognome paterno alla nascita secondo la Corte Costituzionale

 


La Corte Costituzionale, riunita ieri in camera di consiglio, ha scrutinato le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell’ordinamento italiano, l’attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori.

Più in dettaglio, già nel gennaio dello scorso anno, la Consulta aveva deciso di sollevare davanti a se stessa la questione di costituzionalità del primo comma dell’articolo 262 del codice civile che stabilisce come regola l’assegnazione del solo cognome paterno.

La Corte costituzionale, tramite il suo ufficio stampa ed in attesa delle motivazioni che saranno depositate nelle prossime settimane, ha reso noto che le norme censurate, segnatamente l’art. 262, comma 1, del codice civile ed altre, sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La Corte ha censurato come discriminatorio e lesivo dell’identità del figlio il precetto che attribuisce automaticamente il cognome del padre. Alla stregua del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori, invece, devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale. Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.

La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi. Rimane compito del Legislatore, a questo punto, regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione resa dalla Consulta.

Con questa sentenza la Consulta ha avuto l’occasione di ritornare su un tema finora irrisolto, affrontandolo alla radice, considerato anche il mancato intervento del Legislatore, finora inerte rispetto alle nuove esigenze sociali e agli impegni presi in sede europea, come il Trattato di Lisbona che, tra le altre cose, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso. L’odierna pronuncia di incostituzionalità, inoltre, ha messo finalmente il Belpaese in linea con la giurisprudenza della CEDU considerato che proprio la Corte di Strasburgo nel 2014 aveva condannato il nostro Paese, ritenendo “discriminatoria verso le donne” e una vera e propria violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo l’assenza di una deroga all’automatica attribuzione del cognome paterno.

Giova aggiungere che erano state depositate agli atti del giudizio costituzionale ord. 25/2021, per il tramite dei suoi legali e della sua Segretaria, Filomena Gallo, anche le Osservazioni dell’Associazione Luca Coscioni per esporre, in rappresentanza della società civile, ulteriori elementi utili alla decisione della Corte.

Proprio Filomena Gallo ha commentato: “Dal 2008 l’Associazione Coscioni lavora, nell’ambito di una conferenza permanente, con professionisti ed esperti della materia ad un pacchetto di riforme del diritto di famiglia, per promuovere una nuova prospettiva culturale con cui guardare ai tanti volti assunti dalle famiglie e dei legami affettivi, incentrata sul concetto di “amore civile”. Al centro della conferenza temi come le unioni di fatto e omosessuali, il divorzio breve, la mediazione familiare, la parità tra figli nati fuori e dentro il matrimonio, le adozioni e l’affido, la violenza dentro le mura domestiche, le nuove forme di convivenza e le scelte personali delle persone in ogni fase della vita, e appunto, il diritto ad attribuire il cognome di entrambi i genitori”. 

Ha poi aggiunto: “Rispetto al cognome dei figli, nonostante le proposte di legge depositate, ancora una volta la Corte Costituzionale si trova costretta ad intervenire in supplenza del Parlamento, invitato ripetutamente ad introdurre una normativa organica in tema di attribuzione del cognome dei figli. La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi. È compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla presente decisione. Siamo soddisfatti che questo percorso sia stato completato per superare definitivamente il  retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i princìpi dell’ordinamento e dell’eguaglianza tra uomo e donna”.

Il traguardo cui si è giunti con questa storica sentenza premia anche l’impegno professionale di un Avvocato di Lauria, Domenico Pittella, che ha seguito la vicenda giudiziaria innanzi alla Corte d’Appello di Potenza, questione che poi è approdata innanzi alla Corte Costituzionale. 


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