Il 1° dicembre 1970, dopo
un lungo e complesso iter parlamentare e un ampio dibattito politico e pubblico,
con 325 sì e 283 no alla Camera e 164 sì e 150 no al Senato, venne approvata la
L. n°898 rubricata “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, più
popolarmente detta “Fortuna-Baslini”.
L'Italia repubblicana aveva
finalmente una legge sul divorzio, dopo l’unico e risalente precedente del
Regno d’Italia Napoleonico (1805-1814).
I primi firmatari del
progetto di legge furono Loris Fortuna, socialista, avvocato friulano
fuoriuscito dal Partito Comunista a seguito dell'invasione Sovietica
dell'Ungheria del 1956, e Antonio Baslini, liberale, imprenditore milanese nel
campo della chimica.
La legge sul cd. “divorzio”
rappresentò, al di là di ogni dubbio, la prima vera vittoria nella battaglia
per i diritti civili in Italia e aprì la strada a tante altre “rivoluzioni”:
dalla riforma del diritto di famiglia, all’obiezione di coscienza al servizio
militare, dal voto ai diciottenni, alla chiusura dei manicomi, dalla
possibilità dell’interruzione di gravidanza, alla riforma dei codici militari
fascisti.
Fu uno scontro politico
che vide in prima linea, nella aule parlamentari, il Partito Socialista
Italiano e il Partito Liberale. Fuori dal Parlamento, nelle piazze, nei
circoli, nei dibattiti pubblici, notevole e decisiva fu la pressione adoperata dal
Partito Radicale di Marco Pannella, dalla LID (Lega Italiana Divorzio) e da
tutto quel variegato universo femminile che rivendicava pari diritti e dignità
rispetto agli uomini.
Solo così, del resto, si spiega la disfatta parlamentare della Democrazia Cristiana e il voto finale favorevole del Partito Comunista (che considerava quella per il divorzio una battaglia marginale rispetto alle lotte per i diritti economici), del PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, del PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano) e del Partito Repubblicano Italiano.
Insieme alla DC furono
messi in minoranza i partiti cd. “clericali” dal Movimento Sociale Italiano di
Giorgio Almirante alla Sudtiroler Volkspartei al Partito Democratico Italiano
di Unità Monarchica…
Per tratteggiare la
temperie dell’epoca, riporto le parole e le riflessioni pronunciate, proprio in
occasione di questo straordinario cinquantenario, da un protagonista di quegli
eventi, Gianfranco Spadaccia, ex segretario e parlamentare radicale e già
Presidente di +Europa.
“La posizione del PCI
era che la legge sul divorzio non restasse isolata, ma fosse inserita in una
riforma generale del sistema familiare. Noi, con Pannella, Fortuna e Mellini
obiettammo che bisognava partire dal punto cruciale dello scontro con i cattolici
sul diritto di famiglia, perché solo battendoli sul punto centrale, che era la
questione del divorzio, avremmo ottenuto la riforma complessiva del sistema…
non cercando un compromesso unanimistico con i cattolici. Per conseguirla
occorreva passare attraverso lo scontro ideale e politico dell’indissolubilità
del matrimonio. E in effetti è quanto poi si verificò.”.
“Non credo che
l’articolo 7 della Costituzione (sul Concordato tra Stato e Chiesa) sia stata
la causa dell’atteggiamento della Chiesa e dello Stato rispetto al divorzio.
Neppure la cosiddetta rivoluzione liberale successiva il processo dell’Unità
d’Italia aveva prodotto del resto alcuna legge sul divorzio: la borghesia
italiana negli anni dell’Unità d’Italia non ha mai toccato questo argomento
nevralgico… Io credo che negli anni 60 sia avvenuta in Italia una profonda
trasformazione sociale. Cambiamenti che altri paesi hanno affrontato e
realizzato nel corso di uno o due secoli e che non sono solo sociali, ma anche
antropologici. Pensiamo che significato può avere avuto per un contadino
meridionale, dopo secoli di immobilità, trasferirsi nelle periferie urbane e
diventare operaio. Cambia tutto, cambia la vita. Questa trasformazione operò
anche un profondo sconvolgimento all’interno delle famiglie.”.
“Tante volte veniamo accusati di anticlericalismo, peraltro oggi evocato positivamente perfino da Papa Francesco, ma in ogni caso ciò non va scambiato con una manifestazione di antireligiosità o di negazione della religiosità, che non appartiene sicuramente alla tradizione radicale, soprattutto alla tradizione di Marco Pannella e di alcuni altri fra di noi.”.
Aggiungo per la cronaca:
sempre nel 1970 veniva data finalmente attuazione anche alle norme della
Costituzione concernenti il voto referendario. Prontamente, il fronte
antidivorzista costituì un “Comitato nazionale per il referendum sul
divorzio" e nel 1971 depositò la richiesta di un referendum abrogativo
della legge appena pubblicata. Seguiranno tre anni di aspro confronto politico
che porteranno, il 12 maggio 1974, alla vittoria dei NO all'abrogazione e alla
conferma della Legge Fortuna-Baslini… ma questa è un’altra storia che necessita
di ampio spazio per essere raccontata…
Concludo con una nota
squisitamente giuridica (e solo un po’ polemica): l’ordinamento italiano è l’unico
in cui il divorzio non può essere ottenuto direttamente con un unico
procedimento giudiziario; infatti, la causa per il divorzio deve essere
preceduta da un periodo di separazione coniugale (in origine cinque anni,
ridotti nel 1987 a tre anni ed ulteriormente ridotti, nel 2015, ad un anno, in
caso di separazione giudiziale, o a sei mesi, in caso di separazione
consensuale).
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