Covid-19: la crisi morde i giovani, gli autonomi e le donne

 



Che donne, giovani e autonomi sarebbero stati, in prospettiva, i più esposti alla crisi economica prodotta dal coronavirus e dal conseguente lockdown era nelle cose.

Quando ancora si cantava sui balconi e si dava la caccia spietata ai runner, quasi tutti avevano intuito che la crisi non avrebbe colpito gli italiani allo stesso modo anche se molti preferivano la retorica del "siamo tutti sulla stessa barca".

Sono passati i mesi e oggi si parla di nuovo lockdown e non mancano neanche adesso i teorici della chiusura totale delle attività, dalle scuole ai ristoranti, dagli uffici ai bar.

E chiaramente si tratta di chi ha stipendio o pensione assicurata e, dall'alto della sua rendita di posizione, si permette di fare anche la morale a chi cerca di vivere e sopravvivere in tempi di pandemia. 

Sia chiaro: per queste categorie "protette e privilegiate" il lockdown va benissimo ma a patto che gli sfigati trasportatori autonomi e le povere commesse con contratto a termine consentano comunque e ad ogni costo la presenza del lievito di birra sugli scaffali dei supermercati.

A riprova di quanto sopra, sul Manifesto di oggi possiamo leggere: "La quarantena generalizzata tra l’11 marzo e il 18 maggio 2020 ha prodotto 445 mila nuovi poveri assoluti in più che si aggiungono agli oltre 4 milioni e 600 mila del 2019. Il primo effetto emerso della crisi sociale innescata dal «lockdown» per bloccare la prima ondata dei contagi del Covid ha colpito in particolare le donne escluse da un’occupazione stabile; i giovani precari tra i 18 e i 34 anni; i minori penalizzati dalla povertà materiale delle famiglie, dalla chiusura delle scuole e dal conseguente contraccolpo relazionale e cognitivo; le partite Iva che hanno subito un calo del reddito e, per più di un terzo, hanno perduto la metà del reddito familiare. Una caratteristica comune ai nuovi poveri è non avere risorse finanziarie liquide sufficienti per fare sopravvivere più di tre mesi la propria famiglia. La quota ha superato il 50% tra i disoccupati e i lavoratori dipendenti con contratto a termine. Tra le categorie più colpite c’è anche il ceto medio già impoverito nel piccolo commercio, nelle professioni e nei servizi alle persone.".

Del resto, anche l'ultimo studio dei Consulenti del lavoro ha fotografato una situazione di forte crisi economica che si è abbattuta su specifici comparti e precise e determinate fasce d'età. 

Più volte, nel corso degli ultimi mesi, i consulenti del lavoro avevano segnalato che sarebbero stati i lavoratori autonomi a subire i contraccolpi più gravi scaturiti da questa crisi. Infatti, tra il secondo trimestre del 2019 e quello del 2020, si sono persi 841.000 posti di lavoro complessivi, di cui 219.000 tra quelli in proprio.

Il comparto si è ridotto da 5,4 a 5,1 milioni di occupati e la flessione complessiva è pari al 4,1%.

Se il 79%  degli autonomi, tra aprile e maggio, hanno subito cali nelle proprie entrate, per il 35,8% di essi il calo è stato «superiore al 50%. 

I consulenti del lavoro ci dimostrano, dati alla mano, che vittime di questa crisi economica sono soprattutto i professionisti tra i 30 e i 39 anni. Nel periodo preso in considerazione, tra il secondo trimestre 2019 e quello del 2020 se ne contano centodiecimila in meno sui duecentodiciannovemila complessivi. Mentre la discesa è del 2,4% nella fascia 40-59 anni e del 2,2% tra gli over 60.

"I segmenti del lavoro autonomo più colpiti sono, in termini assoluti, i piccoli imprenditori del commercio con 71mila addetti in meno, ma anche nel mondo delle professioni intellettuali ad elevata qualificazione e di quelle tecniche, che vedono una perdita di 31mila e 39mila occupati. A livello settoriale la ricaduta ha riguardato, oltre al comparto della ristorazione e delle attività ricettive, anche gli agenti finanziari e assicurativi, la filiera dei servizi alle imprese (-11,3%), dell’informazione (-11,5%) e della formazione (-14,8%).".

"Anche le donne risultano mediamente più colpite, perdendo, tra un anno e l’altro, il 5,1% della base occupazionale autonoma, contro il 3,6% degli uomini. Un dato che, per questo segmento, risulta in controtendenza, visto che nel corso del decennio l’occupazione femminile autonoma aveva sostanzialmente tenuto. Ma tale tendenza s’inquadra in un fenomeno più generale di contrazione dell’occupazione femminile che risulta, stando ai primi dati, la più interessata dalla crisi.".

Tutti i dati sono, peraltro, in ulteriore peggioramento se solo si cominciano a considerare anche i numeri successivi a giugno 2020. 

I moralisti da balcone, gli ottimisti del 27 del mese, gli entusiasti delatori di runner e festicciole, i fustigatori della movida di paese riusciranno a mettersi almeno un po' nei panni di donne, giovani e autonomi?

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