Un caffè che può costare molto caro


In tutti i precedenti interventi dei giorni scorsi sul referendum costituzionale abbiamo sempre trattato marginalmente la questione degli effettivi risparmi che potrebbero derivare dal Cd. Taglio dei Parlamentari.
Eppure, nella furia anticasta dei movimenti populisti che hanno elaborato la riforma costituzionale, l'argomento relativo ai risparmi per le casse pubbliche e per le famiglie italiane è, sostanzialmente, il punto di forza di tutta la modifica alla nostra Carta Fondamentale.
In realtà, a ben vedere, è proprio la tesi più semplice da smontare ed è anche per questo motivo che vado a confutarla per ultima.

Ebbene, secondo Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, i risparmi della riforma, sottoposta a referendum confermativo il 20 e 21 settembre prossimi, inciderebbero per appena lo 0,007% della spesa pubblica italiana.
In numeri assoluti, con la riforma si risparmierebbero 57 milioni l’anno e 285 milioni a legislatura (dati al netto delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato stesso; per il dato lordo vedi infra) ovvero una cifra significativamente più bassa di quella dichiarata dai sostenitori della riforma che millantavano un risparmio complessivo di 500 milioni a legislatura.
In caso di vittoria del SI, quali sarebbero praticamente gli effetti per le tasche delle famiglie italiane?
Se si spulcia il bilancio della Camera si verifica facilmente che il costo di ciascun Deputato, tra indennità e rimborsi vari, ammonta a circa 230.000,00 euro all’anno, mentre dal bilancio del Senato emerge che ciascun Senatore incide sul bilancio dello Stato per circa 249.600,00 euro annui. 
Attenzione però!!!
Se è vero che con il taglio di un terzo dei parlamentari il risparmio complessivo per le casse statali sarebbe pari a 81,6 milioni di euro ogni anno (quasi 53 milioni di euro alla Camera, e 28,7 milioni al Senato, entrambi dati al lordo e non al netto), è vero anche che ciò si tradurrebbe in un risparmio annuo pari a 3,12 euro a famiglia, ossia 1,35 euro a cittadino, più o meno il costo di un gelato o di un caffè ogni dodici mesi o di una pizza Margherita ogni cinque anni...


Insomma, un importo del tutto ininfluente per i bilanci familiari degli italiani, al costo, quello sì rilevante, di un taglio netto alla democrazia e alla rappresentanza di tanti territori periferici come la Basilicata e la Calabria.
Infine, assecondare le istanze populiste e tagliare il numero dei parlamentari in maniera orizzontale, avrebbe in termini politici un costo non irrilevante, oggi ancora non facilmente prevedibile nella sua completezza.
Infatti, bisogna anche considerare che i lavori delle Commissioni Parlamentari saranno complicati dal fatto che i regolamenti prevedono che le attività possano proseguire anche con un terzo dei commissari presenti, cioè con nove Deputati o con cinque Senatori. Un numero troppo basso per un lavoro approfondito, soprattutto se in sede redigente.
A meno di non voler implementare lo staff del singolo Parlamentare.
E, allora, ciò che esce dalla porta in termini di risparmio, rientra dalla finestra in termini di nuove spese.
In pieno stile populista!

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