Fase 2: mamme e lavoro


Mamme e lavoro: un binomio da sempre complesso ma oggi particolarmente complicato dalla pandemia.
Per celebrare la Festa della Mamma propongo statistiche e numeri; l'affetto per le mamme non è quantificabile ma il loro impegno nel mondo del lavoro può essere analizzato e studiato, soprattutto nell'ottica di migliorare la qualità di vita (lavorativa e familiare) delle mamme e delle donne in generale.
Baso l'intero articolo sul nuovo report della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro intitolato: “Mamme e lavoro al tempo dell’emergenza Covid-19”.
Cosa riserva la fase 2 per le mamme lavoratrici?
La domanda non è banale o scontata soprattutto per i 3 milioni di donne con almeno un figlio piccolo (con meno di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali (9 mln 872 mila), che si avviano alla fase 2 in uno scenario in cui la riapertura delle scuole ma anche i tanti servizi dedicati alla gestione del tempo libero dei giovanissimi, sarà fortemente condizionato dall’emergenza Covid-19.
"Tra turnazioni degli studenti, alternanza casa-scuola, formazione a distanza, le mamme italiane dovranno gestire una quotidianità particolarmente complessa. E molte potranno trovarsi di fronte al dilemma se continuare a lavorare oppure no." avverte il comunicato stampa dei Consulenti del Lavoro.
Venendo ai dati: in questi due mesi di sospensioni e lockdown, le donne con figli hanno lavorato più dei papà. 
Ciò è dovuto al diverso livello di occupazione tra uomini e donne nei settori industriali e nei servizi essenziali, in quanto la presenza femminile risulta più bassa nei primi e più alta nei secondi.
Se si fa riferimento alla modalità smart working, si verifica, purtroppo, che sono le lavoratrici meno qualificate quelle che dovranno necessariamente recarsi in sede per lavorare e contemporaneamente accudire in prima persona i figli con meno di 15 anni: sono 1 milione 426 mila lavoratrici (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di cui circa 710 mila percepiscono uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro.
"L'emergenzialità, che sta assumendo e avrà sempre più la dimensione della difficile conciliazione vita-lavoro per tante donne, rappresenta un rischio altissimo per il mantenimento dei livelli occupazionali femminili. Volendo individuare un indicatore di “pressione” sul lavoro femminile, che quantifichi il rischio di fuoriuscita dal mercato derivante dalla difficoltà di conciliazione per le donne lavoratrici ai tempi dell’emergenza, si può considerare il rapporto tra le occupate che hanno almeno un figlio con meno di 15 anni e il totale delle occupate.
Sulla base di tale indicatore, le pressioni più alte si concentreranno, nei prossimi mesi, tra le figure più qualificate, in particolare professioni intellettuali e ad elevata specializzazione, tecniche e professioni esecutive nel lavoro d’ufficio. Qui la quota di donne con responsabilità di accudimento di almeno un figlio con meno di 15 anni sul totale delle occupate è superiore al 30%; ma si tratta al tempo stesso delle professioni che potrebbero essere più interessate dallo smart working.
Pertanto, il proseguimento di tale modalità anche per i mesi futuri, magari in forma alternata alla presenza, potrebbe consentire di fronteggiare emorragie di occupazione tra i segmenti più qualificati della forza lavoro femminile.".
Certamente c'è un discorso culturale da portare a compimento nelle singole famiglie ma soprattutto si deve evidenziare una carenza dei servizi generalizzata in Italia che, però, in questa fase è particolarmente avvertita e su cui bisogna seriamente riflettere e intervenire.
"Ancor più che nel passato, quindi il tema dei servizi -dalla prima infanzia a quelli per l’adolescenza- rappresenta oggi, per la ripresa del lavoro femminile, un fattore decisivo, rispetto a cui il ritardo italiano rischia, se non colmato in tempi brevi e con misure eccezionali, di lasciare in prospettiva tante mamme lavoratrici a casa." conclude amaramente il rapporto.

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