Smart working: produttività ed impatto ecologico


Con la Legge 22 maggio 2017 n. 81 recante "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato" è stato introdotto, tra le altre cose, anche in Italia il cd. Smart working, il Lavoro Agile.

Il Capo II della Legge è dedicato più specificamente al lavoro agile, o "smart working", inteso non come nuova tipologia contrattuale, ma come particolare modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici, nonché dall'assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti anche al di fuori dei locali aziendali).

In altri termini, per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, «lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».
Nel 2019, secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il 58% delle grandi imprese ha già introdotto iniziative concrete. Tra i risultati più interessanti dell’ultimo anno emerge l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%.
Tuttavia, c’è anche un’ombra: anche la percentuale di imprese disinteressate al tema è cresciuta, in modo preoccupante, passando dal 38% al 51%. Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in avanti verso un modello di lavoro “smart”: oggi il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.
Ormai in Italia gli smart workers sono circa 570.000 e i benefici non sono solo in termini di soddisfazione del lavoratore e di produttività della PA o dell'impresa ma anche in termini di impatto ecologico.
Numeri alla mano: "A fine anno, milletrecento euro in tasca in più, 2.400 chilometri percorsi in meno, sette giorni guadagnati e 270 chili di anidride carbonica non sbuffati nell’aria già malata, per un beneficio ambientale pari a 18 alberi piantati. È il valore aggiunto della vita di uno smart worker che possa lavorare per tre giorni al mese senza raggiungere l’ufficio, ma organizzando i tempi di vita e attività professionale con maggiore autonomia: da casa..." riporta Gabriele Stefani in interessante articolo de La Stampa uscito proprio in questi giorni.

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