Il referendum cannabis approda alla Corte Costituzionale

 


Con la validazione delle firme da parte della Corte di Cassazione anche per il referendum sulla cannabis, oltre che per i sei sulla giustizia e per quello sull’eutanasia legale, rimane soltanto un ultimo scoglio prima della consultazione popolare: la camera di consiglio innanzi alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi, il prossimo 15 febbraio, sull’ammissibilità dei quesiti.

Tale competenza è stata attribuita alla Consulta con Legge Costituzionale n°1 dell’11 marzo 1953, a mente della quale spetta proprio alla Corte Costituzionale vagliare se le richieste di referendum abrogativo, presentate a norma dell’art. 75 della Costituzione, siano ammissibili ai sensi del secondo comma dell’articolo stesso.

All’esito del procedimento, sul quale per brevità non mi soffermo, la Corte decide con sentenza, dichiarando ammissibile o inammissibile, la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione, totale o parziale, della normativa oggetto dei quesiti. 

A questo proposito si segnala anche quanto hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni e presidenti dei Comitati promotori dei referendum su eutanasia e cannabis.

“Prendiamo atto con soddisfazione delle dichiarazioni del Presidente Draghi relativamente alla decisione di non costituirsi in Camera di consiglio quando verrà discussa l’ammissibilità dei referendum a febbraio. Siamo sempre più convinti che la parola debba passare al popolo sovrano. Infatti, la sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale ha stabilito quali siano le condizioni per cui non debba essere punito il suicidio assistito e invitato il Parlamento a normare il tema. A oltre due anni da quella decisione il testo incardinato alla Camera non ha un calendario certo per la sua adozione né non affronta le condotte al centro del referendum eutanasia legale.

Inoltre, la VI Conferenza nazionale sulle droghe del novembre scorso ha, tra le altre cose, raccomandato la revisione degli articoli 73 e 75 del Testo Unico sulle droghe 309/90 – gli stessi articoli toccati del referendum cannabis – per favorire la depenalizzazione di condotte oggi ancora fortemente punite.

Su temi centrali per la determinazione personale occorre che, a fronte di mancanza di assunzioni di chiare responsabilità politiche, l’elettorato si possa esprimere direttamente.”.

In buona sostanza, il Governo presieduto da Mario Draghi ha deciso di restare neutrale nei confronti del referendum cannabis, come su quello sull’eutanasia.

Della sentenza della Corte è data di ufficio comunicazione, fra le altre autorità, al Presidente della Repubblica, il quale, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Ho avuto modo, più volte, di affrontare su queste pagine digitali il contenuto degli altri quesiti referendari anche perché coinvolto direttamente nella raccolta delle firme in qualità di Avvocato autenticatore; in questa sede desidero brevemente approfondire proprio l’ultimo dei quesiti referendari avvalendomi dei rilievi e delle FAQ predisposti dal Comitato promotore del referendum.

In sintesi: il quesito referendario connesso al Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al d.P.R. n°309/1990, è stato elaborato con il duplice obiettivo di agire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative di una serie di condotte in materia di droghe.

In primo luogo, il referendum si propone di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi pianta intervenendo sulla disposizione di cui all’art. 73, comma 1, e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis, con la sole ed importante eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito di cui all’art. 74, intervenendo sull’art. 73, comma 4. 

Sul piano amministrativo, inoltre, il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori attualmente destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa, intervenendo sull’art. 75, comma 1, lettera a).

La scelta dell’abrogazione della sola sanzione amministrativa che prevede la sospensione della patente di guida è legata ad una valutazione oltre che tecnica anche pratica.

Infatti, tra le diverse sanzioni amministrative previste all’articolo 75, la sospensione della patente di guida è quella che maggiormente incide sulle abitudini delle persone, comportando serie difficoltà anche per le attività quotidiane, come ad esempio recarsi a lavoro. 

Ovviamente non si elimina la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per chi fa uso di cannabis e si mette alla guida!

La sanzione amministrativa che sospende la patente di guida prevista all’articolo 75 del d.P.R. n°309/1990, e che il referendum mira ad abrogare, è applicata in seguito alla sola detenzione, anche se al momento della contestazione il soggetto non si trova alla guida e a prescindere dal fatto che l’abbia effettivamente consumata.

Del resto, la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti è disciplinata all’articolo 187 del Codice della Strada ed è punita con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da 6 mesi ad un anno, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni che consegue all’accertamento del reato. Tale disposizione non è in alcun modo toccata dal referendum e continua a restare in vigore.

Importante!

La modifica dell’articolo 73, comma 1, del d.P.R. n°309/1990 proposta dal referendum, eliminando la parola “coltiva” depenalizza la coltivazione di tutte le sostanze stupefacenti. Questo non significa però legalizzare tutte le droghe. Infatti, le fattispecie di produzione, fabbricazione e detenzione illecita rimangono e possono essere applicate anche al coltivatore che produce ai fini di spaccio. 

Vale la pena di ricordare, inoltre, che, ad eccezione delle infiorescenze di cannabis, tutte le altre sostanze stupefacenti richiedono necessariamente passaggi successivi affinché la sostanza possa essere consumata, attività queste che continuano ad essere punite all’articolo 73.

Peraltro, nel Testo Unico in materia di stupefacenti resta l’articolo 28 che mantiene un divieto di coltivazione, rimandando alla condotta volta alla fabbricazione non finalizzata all’uso personale.

La legalizzazione della cannabis, attraverso il referendum, si dimostra davvero l’unica arma per dare un colpo alla criminalità organizzata, per liberare risorse – uomini, mezzi, tribunali, carceri – per perseguire reati più gravi e droghe più pericolose.


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