Tar Lombardia: istruzione e salute

 


La discussione tra la preminenza del diritto alla salute e il diritto allo studio, diritti entrambi di rango costituzionale, si arricchisce di nuova linfa grazie alla giurisprudenza amministrativa.

Ed è un dibattito destinato a durare e ad alimentarsi nelle famiglie, nelle istituzioni e, finanche, sui social fino a che la pandemia da Covid-19 non esaurisca i suoi effetti.

Al di là di tutti gli aspetti politici, sociali e psicologici della questione mi preme riflettere sugli elementi giuridici della questione per come affrontati e risolti dal Tar Lombardia, proprio in questi giorni di rientro a scuola dopo le vacanze natalizie.

E allora vediamo insieme cosa è successo in Lombardia allorché alcuni genitori, insieme al Comitato “AScuola”, hanno proposto ricorso per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia e richiesta di emissione di decreto cautelare, dell’Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia n° 676 dell’8 gennaio 2021, avente ad oggetto “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19″.

In particolare, l’art. 1, primo comma, dell’ordinanza in questione disponeva, per tutto il territorio regionale lombardo, la didattica a distanza per il 100% della popolazione studentesca degli istituti scolastici secondari di secondo grado e degli istituti formativi professionali di secondo grado.

Per i ricorrenti, “con il decreto regionale Fontana ha esorbitato dalle proprie competenze violando l’art. 4 del decreto legge n. 1 del 5 gennaio 2021 (norma di rango primario), che prevedeva la progressiva ripresa dell’attività scolastica in presenza per gli alunni delle secondarie di secondo grado”. Inoltre, nella ricostruzione dei genitori, “l’ordinanza non è sufficientemente motivata: afferma per esempio di voler evitare assembramenti quando nelle zone arancioni, condizione in cui attualmente si trova la Lombardia, sono aperti i negozi e c’è libertà di circolazione, ovviamente anche per i ragazzi”. 

Nel ricorso, infine, si stigmatizza anche che l’ordinanza della Regione Lombardia “ignori il lavoro dei tavoli prefettizi che avevano elaborato un piano per lo scaglionamento degli orari della città” e non considera altre possibilità esistenti in relazione alle scuole, come “l’introduzione dei tamponi rapidi (ritenuti idonei anche secondo la circolare del Ministero della Salute doc. 6) e l’incremento del contact tracing”.

Ma vediamo le motivazioni del  decreto presidenziale n° 32/2021 del Tar Lombardia, a mio parere del tutto condivisibili.

Orbene, innanzitutto, è stata rilevata l’incompetenza dell’organo regionale, poiché l’art. 2 del D.L. n°19/2020 attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri la competenza ad adottare le misure di cui all’art. 1, compresa quella diretta a disporre la didattica a distanza. Più precisamente, in sintesi: sino al 15 gennaio 2020, data di cessazione dell’efficacia del DPCM 3 dicembre 2020, non c’è spazio per una competenza regionale diretta ad introdurre misure maggiormente restrittive, in quanto i decreti legge n°19 e n°33 del 2020 delimitano temporalmente tale competenza, escludendola una volta emanati i DPCM previsti dai citati decreti legge.

Nel merito, ed è ciò che più mi interessa evidenziare, il Tar Lombardia precisa: “Ritenuta la fondatezza anche delle censure con le quali si lamenta la contraddittorietà e l’irragionevolezza dell’ordinanza impugnata, laddove nel disciplinare l’attività scolastica nel periodo compreso tra l’11 e il 24 gennaio2021 ha previsto che le istituzioni scolastiche di secondo grado e le istituzioni formative professionali di secondo grado assicurano il ricorso alla didattica a distanza per il 100% della popolazione studentesca;

Ritenuto in particolare che:

- l’ordinanza evidenzia la crescita del valore RT, anche ospedaliero, nelle due settimane dal 20 al 26 dicembre 2020 e dal 27 dicembre 2020 al 2 gennaio2021, precisando che risulta un inizio precoce della patologia “in particolare nella fascia d’età 14-18, fascia che si caratterizza per significativa attività sociale e bassa manifestazione clinica di malattia”;

- dopodiché, afferma che la didattica in presenza comporterebbe “probabili assembramenti nei pressi dei plessi scolastici, con correlato rischio di diffusione del contagio presso le famiglie”;

- in sostanza, il pericolo che l’ordinanza vuole fronteggiare non è legato alla didattica in presenza in sé e per sé considerata, ma al rischio di assembramenti correlati agli spostamenti degli studenti;

- emerge così l’irragionevolezza della misura disposta, che, a fronte di un rischio solo ipotetico di formazione di assembramenti, anziché intervenire su siffatto ipotizzato fenomeno, vieta radicalmente la didattica in presenza per le scuole di secondo grado, didattica che l’ordinanza neppure indica come causa in sé di un possibile contagio;

- in proposito, non va dimenticato che, proprio in relazione agli spostamenti, le Prefetture di Milano e di altre Province lombarde hanno adottato un piano ad hoc, concordato con le Autorità competenti, finalizzato a consentire la riapertura delle scuole e la didattica in presenza, attività previste dal DPCM 3dicembre 2020 e dal d.l. n. 1/2021;

- in tale quadro, l’ordinanza, da un lato, interviene per gestire un rischio di assembramenti solo ipotizzato, dall’altro, affronta tale rischio adottando una misura che paralizza la didattica in presenza, ma senza incidere sugli assembramenti, che, anche se riferiti agli studenti, non dipendono dalla didattica svolta in classe e, comunque, sono risolvibili mediante misure di altra natura;

- sul punto, il provvedimento regionale non tiene neppure conto dei piani sopra richiamati, adottati dalle Autorità competenti per consentire la progressiva ripresa in sicurezza della didattica frontale proprio in relazione agli spostamenti ad essa correlati;

- vale anche sottolineare, in una prospettiva di necessaria proporzionalità di misure incidenti su diritti fondamentali, che il provvedimento regionale palesa un’intrinseca irragionevolezza, in quanto adotta la misura radicale della chiusura generalizzata delle scuole per fronteggiare rischi solo “probabili”;

- in tale contesto risalta anche il deficit istruttorio dedotto dai ricorrenti, che trova indiretta conferma nella mancata produzione del parere CTS, nonostante l’ordine istruttorio impartito con il decreto n. 19 pubblicato in data odierna;

- l’ordinanza regionale denota, infine, una specifica contraddittorietà, perché per contenere gli assembramenti adotta misure incidenti sulla didattica in presenza, rispetto alla quale non evidenzia alcun peculiare pericolo di diffusione epidemiologica, in ragione delle concrete modalità di effettuazione della didattica stessa;

Ritenuta, altresì, la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile, tenuto conto della compressione del diritto fondamentale all’istruzione e della oggettiva ricaduta delle misure adottate sulla crescita, maturazione e socializzazione degli studenti, obiettivi propri dell’attività scolastica, che risultano vanificati senza alcuna possibilità di effettivo “ristoro”; omissis P.Q.M. Accoglie l’istanza in premessa e, per l’effetto, sospende l’efficacia dell’ordinanza impugnata.”.

Non avrei saputo dirlo meglio…


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