In
questi tempi di pandemia da Covid-19, il Tribunale di Napoli -con due rilevanti pronunce emesse nel mese di
aprile 2020- offre una guida utile per i
professionisti e, soprattutto, una soluzione equa per i consumatori che abbiano
attivato le procedure per l’uscita dalla crisi da sovraindebitamento.
Con
decreto motivato del 3 aprile, il Tribunale partenopeo, nella persona del
Giudice Delegato dott. Nicola Graziano, ha accolto l’istanza di un consumatore
che nel corso della procedura di omologa e dopo aver ottenuto già il parere
favorevole al Piano da parte dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC),
aveva chiesto il differimento al 1° ottobre 2020 del pagamento delle rate in
considerazione della circostanza che lo stesso consumatore fosse stato posto in
cassa integrazione.
Più
in dettaglio, il piano di rientro parziale, omologato dal Tribunale, era basato
su uno stipendio che consentiva una rata di € 300,00 mensili da destinare ai
creditori per un periodo di otto anni. Nel frattempo, tuttavia, attraverso l’OCC,
veniva formulata l’istanza di differimento in ragione della messa in cassa
integrazione all’80% “ai sensi del
decreto legge Cura Italia”, che così restava privo proprio di quella somma
che aveva devoluto alla risoluzione della crisi.
Secondo
il Giudice la posticipazione è possibile in virtù dell’articolo 91 del Dl “Cura Italia” che sancisce diverse
disposizioni “in materia ritardi o
inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di
contenimento”. Tale norma sebbene relativa “a vicende contrattuali e non a vicende caratterizzate da profili
procedurali in senso ampio come il caso del piano del consumatore, può essere
considerata norma di carattere generale per la interpretazione delle
conseguenze dell’attuazione delle misure di contenimento del Coronavirus”.
Per
il Tribunale, il Dl “Cura Italia” ha
messo a disposizione del Giudice uno “strumento
per valutare l’istanza di differimento del termine da cui iniziare a far
decorrere l’adempimento delle obbligazioni assunte con il piano del consumatore”.
A tal
fine, secondo il decreto “depongono anche
una serie di altre disposizioni come, ad esempio, le norme sulla proroga fino
al 30 settembre 2020, dei contratti di finanziamento; la moratoria, sempre fino
al 30 settembre 2020, delle rate in scadenza dei mutui, prestiti, leasing;
inoltre, con riferimento ai crediti erariali, e precisamente per carichi
iscritti a ruolo, le norme che prevedono la sospensione dei pagamenti e la
sospensione dell’attività di riscossione, ivi compresi gli atti esecutivi e
cautelari”.
Oltre ai princìpi civilistici generali in materia di buona fede e correttezza, giova aggiungere che anche nel Codice della Crisi l’art. 4 rubricato “Doveri delle parti” disciplina l’obbligo del comportamento del debitore e del creditore secondo buona fede e correttezza e il dovere di leale collaborazione tra le parti coinvolte nelle procedure di composizione della crisi e nella loro esecuzione.
Sempre
la Sezione Fallimentare del Tribunale Napoli, con provvedimento del 17 aprile
2020, Giudice Delegato dott.ssa Livia De Gennaro, ha statuito che il debitore,
nei confronti dei quali sia già intervenuta l’omologazione di un piano o di un
accordo, può rimodulare le modalità e le tempistiche della esecuzione
avvalendosi dell’ausilio dell’OCC ex art. 13 comma 4 ter legge n. 3/2012 quando
sussiste una causa sopravvenuta non imputabile al debitore (nel caso di specie l’incidenza
dell’emergenza pandemica da COVID-19).
Di particolare interesse anche la precisazione, resa dal Magistrato napoletano, secondo cui in ordine all’istanza di modifica il Giudice può decidere, sentito l’OCC, senza necessità di disporre la convocazione dei creditori, se si è chiesta la sospensione del pagamento di alcune rate mensile e ossia se si è chiesta una modifica che incide esclusivamente sui tempi dell’adempimento.
Testualmente:
“…Orbene, sotto tale profilo, deve
ritenersi che la gravissima crisi sociale , sanitaria ed economica provocata da Covid-19 pone senz’altro il problema della impossibilità di
adempiere le obbligazioni contrattuali, non essendo improbabile che le parti
contrattuali si trovino nella impossibilità di adempiere le proprie
obbligazioni alla luce delle rigide restrizioni imposte dall’autorità
governativa (impossibilità di uscire di casa se non nei casi di stretta e
comprovata necessità , chiusura di molte attività commerciali o anche solo alla
luce della necessità di esporsi il meno possibile al contagio del virus). In questa
prospettiva, deve ritenersi che l’emergenza epidemiologica da covid-19
costituisce causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione nella
disciplina delle obbligazioni atteso che tra i casi in cui potrebbe essere invocabile
l’impossibilità sopravvenuta della prestazione rientrerebbero gli ordini ed i
divieti posti in essere dalla autorità amministrativa, cd factum principis.
Invero, si tratta di disposizioni emanate a salvaguardia di interessi generali,
come la protezione della salute pubblica, che, imponendo divieti e restrizioni,
rendono di fatto impossibile l’adempimento di una obbligazione, a prescindere
dal volere di chi si sia impegnato contrattualmente a farlo… Da questo punto di
vista, anche alla luce della ratio che ispira l’insieme delle norme di cui si
compone il d.l. “Cura Italia”, si ritiene che la sopravvenuta esistenza di una
causa non imputabile che non rende possibile l’esatto adempimento possa essere
valutata dal Giudice delegato senza la
necessità di una nuova udienza per la discussione del profilo temporale dell’adempimento
con i creditori o qualunque altro interessato che possa sollevare contestazioni…”.
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