Da soli due giorni e a diciassette mesi di distanza dall’approvazione, la legge n°219/2017 sul testamento biologico diventa integralmente funzionante.
Solamente il 10 dicembre scorso, infatti, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il decreto che dà piena attuazione alla legge attraverso l’istituzione della Banca dati nazionale per le Disposizioni Anticipate di Trattamento (Dat), ossia quel registro dove potranno essere conservate le dichiarazioni presentate dai cittadini, depositate all’anagrafe dei Comuni, alle Asl o negli studi notarili.
Per ottenere questo decreto oltre diecimila persone avevano già firmato l’appello per l’istituzione della Banca dati, inoltrato prima al Ministro Giulia Grillo e successivamente al Ministro Roberto Speranza; l’Associazione Luca Coscioni, peraltro, aveva dovuto prima diffidare il Ministero della Salute e poi proporre al TAR Lazio formale ricorso la cui prima udienza era già fissata per il prossimo 16 dicembre 2019.
“Le Dat depositate presso i Comuni o i Notai –spiega l’Avv. Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni- saranno finalmente immediatamente consultabili dai medici in caso di bisogno, in qualsiasi struttura sanitaria del territorio nazionale. Per completare l’applicazione della legge 219/2017 -conclude- ora il ministero della Salute, le Regioni e le aziende sanitarie rispettino l’articolo 4 comma 8 della legge 219, laddove indica che questi devono provvedere <a informare della possibilità di redigere le Dat>”.
Ma facciamo un passo indietro: la legge sul biotestamento ha provveduto a colmare in Italia un vuoto di libertà. Nel rispetto dei principi Costituzionali (articoli 2, 13 e 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (articoli 1, 2 e 3) e con la dichiarata finalità di tutelare il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, la legge n°219/2017 conferma il principio per cui nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
La legge n°219/2017, ha, per la prima volta, infatti, disciplinato in maniera organica il consenso informato sugli accertamenti diagnostici e sui trattamenti sanitari cui sono sottoposti i pazienti ed ha introdotto il citato istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e quello della pianificazione condivisa delle cure.
Per quanto riguarda il consenso informato, la norma in commento, colloca al centro del rapporto di cura il paziente e la sua volontà; pertanto, l’art. 1 prevede il diritto di quest’ultimo ad avere un’informazione completa, aggiornata ed a lui comprensibile circa le proprie condizioni di salute, la diagnosi, la prognosi, i benefici e i rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati dal medico, le possibili alternative ai trattamenti proposti e le conseguenze di un eventuale suo rifiuto delle cure.
Al comma successivo, il disposto normativo richiede l’acquisizione del consenso informato come necessario presupposto per il compimento di ogni accertamento diagnostico o trattamento sanitario.
Inoltre, viene definitivamente chiarito se la nutrizione e l’idratazione artificiale possano essere rifiutate dal paziente. Per la legge (cfr. art. 1, comma 5) la nutrizione e l’idratazione artificiale sono contemplate alla stregua di una modalità di somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici e, pertanto, in quanto tali, a tutti gli effetti “trattamenti sanitari”.
Il fulcro della norma, per i profili che oggi ci interessano, è l’introduzione, con l’articolo 3, della disciplina delle DAT, disposizioni anticipate di trattamento, con le quali le persone possono dare indicazioni circa i trattamenti sanitari da ricevere o da rifiutare nei casi in cui si trovassero, in futuro, in condizioni di incapacità.
Ne consegue che ogni soggetto maggiorenne e capace di intendere e di volere potrà redigere delle disposizioni che dovranno applicarsi nell’eventualità di una sua futura incapacità di autodeterminazione.
Mi piace concludere con un citazione: “Autodeterminazione, ossia il determinare se stesso, non è più un solo principio, ma un diritto vero e proprio che si concretizza diventando strumento attraverso il quale si esercitano i diritti della personalità.” (cit. A. N. Manzione, Una vittoria per la dignità della vita: la Legge n. 219 del 22 dicembre 2017. Breve commento e riflessioni, in Giurisprudenza Penale Web, 2018 7-8).
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